lunedì 4 luglio 2016

Corno Piccolo - Peter Pan - 160m - VI+

Ringraziare con tutto il cuore Ledda, Grazzini, Vitale e compagnia bella mi sembra il minimo: leggere scritto via quasi completamente attrezzata e trovare in tutto tre chiodi, due spit e poco altro, soste a parte, è veramente il massimo.
Non che non sia scalabile o proteggibile, non che non sia effettivamente protetta dove serve, e non che io voglia essere puntiglioso, ma quasi completamente attrezzata, in italiano, ha un significato un tantinello differente.
 
 
Il diedro all'estrema sinistra è il primo tiro della via
Quando, il giorno prima della scalata, il mio amico Carlo mi descrive la via come "protetta dove serve" avrei dovuto capire che non era come veniva descritta dalle guide. Testardaggine mia di andarci uguale.
La giornata comincia presto e, non fosse stata per un improvvida deviazione di Matteo, saremmo arrivati ben prima delle 8.15 alla piana dei Laghetti. La situazione è tipo di parcheggio al centro commerciale: coppie con corde, gruppi con zaini da ottanta chili per uno, altri che a malapena hanno scarpette e caschetto. L'umanità montanara che troviamo in movimento è vermanete varia e, da un certo punto di vista, anche piacevole.
Noi, comunque, cerchiamo di sbrigarci e in un'oretta circa arriviamo all'attacco della nostra linea.
 


 


Diverse cordate attaccano Kontiki, un'altra cordata ci raggiunge quando noi siamo ormai pronti. Anche loro volevano fare Peter Pan, ma ripiegheranno sul Pilastro Ombra, proprio a noi parallelo e che poi ci incrocerà all'altezza della nostra S2.
Mentre osservo il diedro del primo tiro cerco traccia di ferraglia in parete e non ne vedo neppure l'ombra. Avendo incagliato l'aria che tira, con addosso il mio bel carico di ferramenta parto e, forse perchè il primo tiro, forse perchè il V+ di Vitale e compagni non è per me, più probabilmente perchè sono una pippa cosmica, mi ritrovo a sbuffare e a contorcermi.
Avessi avuto dei friend giganti li avrei piazzati volentieri.
Solo in alto, da metà tiro in poi per intenderci, trovo qualcosa: un cordone vecchio come Matusalemme su clessidra, un chiodo a pressione e un chiodo normale.
Non senza un ultimo brutale passaggetto mi ritrovo in sosta...diciamo perplesso.
 
 


La sosta è decisamente scomoda, noi siamo in tre e i miei soci, il già citato Matteo e Massimiliano, hanno il loro daffare a salire il tiro.
Ci guardiamo ed evitiamo commenti. Anche perchè accanto a noi anche la cordata impegnata sul Pilastro Ombra sembra aver avuto qualche grattacapo con il V+ di Vitale e amici.
 
Il traverso di partenza di L2
Il secondo tiro, sulla carta un IV con passi di V sembra più approcciabile. Attacco il traverso proteggendo su un bel chiodo e poi supero in bell'arrampicata lo strapiombo che ci chiudeva la vista.
Il proseguo è banale su roccia cui fare attenzione fino ad arrivare a vista del camino e della fessura sotto alle quali c'è la mia bella sosta. Quando ormai sono troppo in alto mi rendo conto che sarebbe convenuto traversare verso destra un po' prima (anzi, parecchio prima): così traverso su una bella placchetta improteggibile e poi disarrampico facili passi proprio accanto alla sosta e mi alloggio.
 
Il diedrino dopo l'uscita dallo strapiombo d'attacco di L2
La placchetta che ho traversato poco prima della sosta
 
Il tempo comincia a cambiare. Siamo circondati da nuvoloni e la temperatura si abbassa repentinamente. Matteo e Max arrivano velocemente in sosta. Non siamo stati particolarmente svelti e il possibile temporale pomeridiano mi mette qualche pensiero.
In realtà è il tiro che mi appresto ad arrampicare che mi intimorisce un po'. Se il V+ del primo tiro mi ha fatto sudare chissà che accadrà con questo di VI+. Temo anche l'assenza di protezioni nel millantato diedro dopo l'attacco.
Dietro di noi sale l'altra cordata che ha avuto i suoi bei problemi nell'affrontare il tiro duro. Mauro, il secondo, tipo simpatico che legge il blog, mi riconosce e mi incoraggia.
Attacco dunque senza perdere altro tempo, male che va ci caliamo: le soste sono tutte attrezzate.
 
Il duro attacco protetto dai due spit
Mi innalzo sopra la testa dei miei compagni di avventura, riesco ad arrivare abbastanza facilmente alla prima protezione e, anche se non di facilissimo moschettonaggio, passo un rinvio e provo a proseguire.
Tento ma sono intimorito, la testa non ragiona e mi pianto. Riposo, cerco di capire, riparto e riesco ad arrivare al secondo spit.
Da lì mi serviranno tre tentativi per capire come passare. La fessura offre buoni appigli e anche per i piedi c'è un po' di tutto, ma questo riesco a dirlo dopo essere passato e non senza difficoltà. Il passaggio da fare, protetto ma non azzerabile e quindi assolutamente da scalare, è da capire.
La fessura, che poi si trasforma in diedro, non è scontata, gli appigli ci sono ma vanno trovati e io, un po' per mancanza di benzina un po' per intrinseca pippaggine, ci devo ragionare con calma.
In qualche modo però riesco a fare il passaggio e ad uscire nel diedro che, completamente sprotetto offre ottime occasioni di integrazione su difficoltà decisamente minori.
 
Il diedro di L3 dall'alto

In alto, sotto lo strapiombo si intravede S3
Arrivo in sosta un po' provato, sollevato e anche relativamente soddisfatto. Alla fine sono riuscito a togliermi dagli impicci anche se ho cannato la libera (evvabbenecosìchissenefrega).
Anche Matteo e Massimiliano giungo alla sosta non proprio freschi come boccioli.
Il tempo sembra che si stia per guastare e, anche se non vedo granchè perchè la vista ci è impedita da uno strapiombino, decido di andare a cercare le calate del secondo salto della cresta Nord-Est.
Di comune accordo salteremo il quinto ed ultimo tiro.
 
 
Parto e traverso a destra e poi prendo un canale che andrebbe attraversato per affrontare una placca con un rivolo nero. Io invece punto in alto e poi a sinistra, dove la cordata del buon Mauro e Luca (spero di essermi ricordato bene), è già giunta ad una sosta da cui si caleranno.
Mi sparo una cinquantina di metri su terreno facile e godibile fino al pulpito da cui si vede, una venticinquina di metri sotto, il terrazzo erboso che è il termine della prima calata della cresta.
 
Mauro in progressione

La sosta attrezzata per la calata
In attesa dei miei compagni becco una spolverata di grandine e poi un po' di pioggia che per fortuna termina subito.
 

Meravigliosa vista del Franchetti

 
Ci caliamo pure noi, andiamo a prendere la seconda calata dopo aver superato il fessurone in bella spaccata, e ci ritroviamo così alla base della cresta Nord-Est, soddisfatti e stanchi.
Faremo un bel pezzo di sentiero fino all'auto in mezzo alla nebbia, un tuono ci farà sobbalzare di paura all'altezza dell'Arapietra, e godremo, come al solito di fronte al panino e alla birra di fine giornata.
 
Via interessante, non banale, forse più impegnativa nel primo tiro (non so l'ultimo) che nel passaggio chiave, protetta dove serve, ma non quasi completamente attrezzata!
 

Materiale

nda,  un set di friend (anche di misure grandi, n. 3 e 4 camalot), due mezze corde.

Relazione 

La via attacca nei pressi di un diedro marcato alla sinistra della parete sulla verticale del primo salto della cresta.
 
L1 - V+ - 30m
Si sale lungo il diedro (1 cless. con cordone, 1 ch. a pressione, 1 ch.) fino alla scomoda sosta sotto il tetto (2 spit e cordone).

L2 - V - 50m 
Si traversa a sinistra verso un chiodo, giunti al termine si sale e si supera lo strapiombo (1 ch.) poi facilmente (III, IV) si obliqua a destra in direzione di un camino-fessura e di una fessura che parte da un tetto un po' strapiombante sotto cui si trova l'evidente sosta (2 spit e cordone).

L3 - VI+ - 30m 
Si attacca la fessura con passi non banali (2 spit) poi si supera il passaggio chiave sfruttando la fessura stessa per poi guadagnare un facile diedro che si scala su difficoltà inferiori (IV, IV+) fino a sotto uno strapiombo dove si trova la sosta (1 ch. 1 spit e cordoni).

L4 - IV- - 50m 
Si traversa a destra poi si segue il canale che obliqua a sinistra, magari tenendosene fuori, si prosegue sembre in leggero obliquo a sinistra verso un evidente sassone sulla linea di cresta (1 ch.) che si raggiunge superando un ultimo strapiombo alla sua destra (cless. con cordoni e maillon).
 
Questo l'itinerario da noi seguito. Diversamente, dalla guida del Grazzini:
L4 - IV - 25m
Si attraversa il canale a destra e si affronta una placca con rivolo nero fino in sosta sotto una fessura (25m, IV, IV+, spit in sosta)
L5 - V+ - 45m
Dritti per la fessura (ch.), poi per un diedrino fino alla cresta nord-est (45m, V e V+) .
 

Discesa

Dalla cresta si procede verso la sinistra di salita in leggera discesa verso il secondo salto della cresta NE. Arrivati in corrispondenza di uno spallone lo si aggira a sinistra sul filo di una cengia che taglia circolarmente la spalla fino a trovare la catena su fix con l'anello di calata.
Ci si cala in doppia fino ad un terrazzo erboso. Da lì guardando sulla sinistra (con alle spalle la cresta) ci si dirige verso un canale erboso incassato in una spaccatura. Lo si guadagna scendendo dentro con un passaggio di II. Lo si percorre tutto seguendo la curva che piega verso destra fino ad arrivare in corrispondenza di un forcellino sulla destra che si arrampica facilmente. Lo si scavalca e si continua a scendere per via intuitiva sul lato opposto, tenendo la sinistra. Dopo poco si incrociano tracce di sentiero che portano poi a quello che conduce al Franchetti. Si prosegue fino alla Madonnina.
Alternativamente si può, dopo aver superato la spaccatura e guadagnato il bordo opposto salire e calarsi in doppia da un ancoraggio che guarda verso sud.
 

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