lunedì 27 giugno 2016

Corno Piccolo - V.V.R. - 210m - V-

Flagellati da uno strano tempo meteorologico, inauguriamo la stagione estiva con una via "tranquilla", una linea definita, facile da individuare, che esce in cresta e che, vista la possibilità di piogge nel pomeriggio, ci avrebbe consentito una veloce ritirata.
L'unica cosa da tenere in considerazione è che la via è di Francesco Bachetti e soci. Chi scala al Gran Sasso sa che le vie del fortissimo Bachetti non sono banali e, normalmente, sempre un poco più impegnative del grado che gli viene assegnato.
In ogni caso, anche questa volta, mi tolgo tanto di cappello di fronte alla gran classe dell'ascolano.

Passo chiave del terzo tiro
Dopo essere uscito dallo strapiombo che costituisce il passo chiave della via il mio pensiero va a Bachetti. Personaggio incredibile dell'alpinismo degli anni '60 e '70, mi trovo anche questa volta a riflettere su quanto fosse forte, con gli scarponi, i chiodi, equipaggiamento che oggi non useremmo neanche per fare le altalene in giardino.
Andiamo con ordine.
Partiamo presto perchè la funivia non funziona e probabilmente non funzionerà quest'anno.
Parcheggiamo alla piana dei laghetti e dopo una rapida rassegna del materiale partiamo di buon passo verso la Madonnina.


E' un caldo bestiale e si suda non poco, ma la vista del Paretone ripaga degli sforzi: impossibile non rimanere ipnotizzati da tanta maestosità.
In poco meno di quaranta minuti arriviamo alla stazione di monte della funivia dei Prati e proseguiamo velocemente oltre. 



Percorriamo il primo tratto del Ventricini fino a trovarci quasi sulla verticale della nostra via. Saliamo non senza fatica fino alla base della parete.
E' passato quasi un anno da quando mi sono inerpicato l'ultima volta fino alla base della Nord, quando ho ripetuto con Matteo la Gigino Barbizzi, ma è sempre una bella sensazione ammirare da vicino le belle linee, fessure e placche che solcano la monolitica solitudine del Corno Piccolo.
Ci prepariamo e Simone attacca il primo tiro. In realtà passerebbe sul canalino a destra, ma la placchetta è invitante: lui va da primo e lui decide.






Dopo un passo più verticale sparisce dalla mia vista. Dopo poco lo sento gridare "Sasso!". Aspetto di vederlo e quando lo vedo rimbalzare in alto mi sposto con calma alla mia destra: si schianta, con un'esplosione violenta, esattamente dov'era la mia faccia poco prima.
Bene. La giornata è iniziata proprio bene.
Salgo la placchetta di roccia non eccezionale. Prima del passetto più verticale c'è un bel chiodo vetusto, poi proseguo nel canalone che muore sotto la fascia strapiombante che dovrò affrontare più tardi.

La fessura verticale percorsa dalla Marco Florio

La bellissima placca fessurata del secondo tiro
Simone ha attrezzato una bella sosta su fessure e spuntoni. Siamo su un terrazzino lievemente inclianto sotto la fessura ad arco che caratterizza la via.
Mi carico del materiale e parto deciso sfruttando le belle fessure che mi si parano innanzi. L'attacco non è banalissimo ma molto proteggibile, la roccia è solida anche se controllare non fa male.
Superati i primi metri le difficoltà si abbattono abbastanza, trovo pure un chiodo, non fondamentale ma sempre gradito.


Mi godo l'arrampicata anche se le piogge del giorno precedente hanno reso le fessure umide e con i piedi bisogna prestare un poco di attenzione in più.
Giungo dopo un po' a due bei chiodi che sembrano invitare a fare sosta, ma Simone mi dice che non ho certo scalato quaranta metri, così, dopo essere salito ancora trovo un chiodo nuovo e con un paio di clessidre mi attrezzo una sosta bella solida.

S2
Sopra di noi la fascia di rocce ci chiude la vista e la placca è piuttosto bagnata proprio dove dovrò passare. Sembra facilmente proteggibile ma il bagnato mi incute un po' d'ansia. Simone giunge in sosta e io riparto.
Mi alzo e mi dirigo a sinistra verso proprio sotto il tetto obliquo: lo percorro tutto fino a superarlo in corrispondenza del bordo destro.




Il bagnato è fastidioso. Le prese ci sono tutto, non mancano ottimi appigli per i piedi, ma qualche passo è abbastanza psicologico da richiedere un po' di concentrazione in più.
Con l'asciutto sarebbe tutto più facile.
In compenso si protegge molto bene, sia sugli spuntoni sia nelle fassura di sinistra in cui piazzo un bel n. 3 camalot e, se l'avessi avuto, ci avrei sistemato anche un 4.
Arrivo allo strapiombo da superare e mentre mi sistemo per guardare tocco con la mano un bellissimo, antichissimo e arruginitissimo chiodo ad anello, piazzato là nel 1969. Senza avere intenzione di testarne la resistenza ci passo un rinvio e supero in bella arrampicata esposta il passaggio.
Da lì le difficoltà smollano parecchio. Cerco un punto di sosta e con calma la attrezzo.




Recupero Simone che esce stupefatto pure lui dall'abilità dell'apritore.
Il caldo si fa sentire, ci dissetiamo, un paio di commenti, poi il rumore di qualche tuono non troppo lontano ci fa mettere di nuovo in moto. Il socio riparte lungo il camino del quarto tiro.


Lo strapiombetto che caratterizza il passo di L4

Dopo un po' parto pure io. Cercando di essere il più veloce possibile salgo il facile e tranquillo tiro fino ad arrivare in vista del mio compagno di scalata.

La sosta del terzo tiro vista da sopra


L'ultimo tiro parte traversando verso destra e poi prendendo a salire un altro camino su difficoltà quasi inesistenti fino ad arrivare sotto il filo di cresta.




Nel frattempo la nebbia ci ha avvolto. Sentiamo qualche goccia che ci bagna, ma riusciremo a schivare del tutto il temporale pomeridiano, che si scatenerà quando ormai avremo già gustato il primo sorso di birra.
Questo nonostante la corda incastrata in un modo incredibile dopo la prima doppia scesa dalla cresta:




Ringrazio Simone che si è arrampicato un pezzetto del secondo tiro della cresta Nord-Est per andare a disincastrare la corda.

Via godibile, dalle difficoltà concentrate nei due tiri centrali. Forse un po' poco, visto che poi le difficoltà sono proprio basse, ma ottima per prendere confidenza con difficoltà del genere. Comunque meritevole per la bellezza del secondo e terzo tiro.

Materiale

nda,  un set di friend (anche di misure grandi, n. 3 e 4 camalot), due mezze corde. Utili ma non indispensabili chiodi e martello.

Relazione 

L1 - III+ - 55m
Si sale lungo il camino che incide la parte destra della placca oppure si sale la placca a sinistra e poi lungo il camino fino a che non muore sotto un placca fessurata   (1 ch., sosta da attrezzare).

L2 - V- - 40m 
Con bella arrampicata si sale la placca con ottime possibilità di protezione, passo più impegnativo all'inizio. Si giunge ad una cengetta con due chiodi, ma è consigliabile salire ancora ad un chiodo (un po' sporgente, magari da ribattere un po') (3ch., sosta su chiodo e clessidre da attrezzare).

L3 - V- - 35m 
Obliquare a sinistra verso il bordo dello strapiombo che offre molte occasioni di protezione e costeggiarne il bordo fin sotto il bordo destro. Si supera lo strapiombo e si prosegue fino a trovare un comodo punto di sosta lungo un camino obliquo a sinistra (1ch., sosta da attrezzare).

L4 - III+ - 40m 
Continuare lungo il camino che presenta in alto un piccolo strapiombo e proisegue su difficoltà contenute. Lo si percorre fino a che non si giunge sotto un pilastro bombato (1ch., sosta su 2 ch.).

L5 - III - 40m
Si traversa a destra e si prosegue lungo un altro canale che obliqua a sinstra fino ad uscire praticamente in cresta (sosta da attrezzare).

Discesa

Dalla cresta si procede verso la sinistra di salita in leggera discesa verso il secondo salto della cresta NE. Arrivati in corrispondenza di uno spallone lo si aggira a sinistra sul filo di una cengia che taglia circolarmente la spalla fino a trovare la catena su fix con l'anello di calata.
Ci si cala in doppia fino ad un terrazzo erboso. Da lì guardando sulla sinistra (con alle spalle la cresta) ci si dirige verso un canale erboso incassato in una spaccatura. Lo si guadagna scendendo dentro con un passaggio di II. Lo si percorre tutto seguendo la curva che piega verso destra fino ad arrivare in corrispondenza di un forcellino sulla destra che si arrampica facilmente. Lo si scavalca e si continua a scendere per via intuitiva sul lato opposto, tenendo la sinistra. Dopo poco si incrociano tracce di sentiero che portano poi a quello che conduce al Franchetti. Si prosegue fino alla Madonnina.
Alternativamente si può, dopo aver superato la spaccatura e guadagnato il bordo opposto salire e calarsi in doppia da un ancoraggio che guarda verso sud.

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