Finire una via ed arrivare in vetta dona all'esperienza un sapore tutto particolare, la sensazione di essere "arrivati", che la scalata non è fine a se stessa, una ricerca del gesto o della linea, ma che, nella conquista dell'inutile, è servita a qualcosa.
Arrivare in vetta all'Occidentale, a quasi tremila metri, permette questo, in uno scenario che non ha nulla da invidiare a mete più blasonate e famose.
Luogo meraviglioso e affascinante |
Alle sette e quaranta siamo già in cammino verso la sella di Monte Aquila. La tempertaura è frizzante, il sole fa capolino da dietro alcune nubi che giocano e spira una brezza tesa che ci accompagnerà per tutto il giorno, costringendoci a spogliarci e rivestirci per diverse volte.
Lo scenario è veramente stupendo: i colori, i paesaggi, l'ambiente più selvaggio del lato teramano del Gran Sasso, profumano la giornata di sensazioni appaganti.
L'avvicinamento è tranquillo, camminiamo di buona lena fino a sotto il Sassone dove il sentiero si impenna un po' per poi piegare a destra in direzione est.
Traversiamo buttando un occhio verso la nostra meta. Il versante è molto articolato e le dimensioni da lontano possono ingannare, per contro la rampa d'accesso al terrazzino da cui attacca la via è ben definita e di facile individuazione. Per facili roccette la percorriamo tutta e ci ritroviamo su un bellissimo belvedere in cui, per alcuni istanti, l'occhio si perde di fronte alla grandiosità della natura.
La presenza di spit ci indica, se mai ce ne fosse stato bisogno, che siamo nel posto giusto. Un cambio di maglietta e indossiamo tutta la ferramenta del caso. Il primo tiro attacca su facili roccette che portano ad un terrazzino con due chiodi di una vecchia sosta e poi prosegue. Le relazioni sono un po' fumose e quindi titubo un po' cercando di capire dove si dovrebbe trovare la sosta. Salgo altri due terrazzi e, quando sono in vista di alcuni speroni che dovrebbero dare accesso al traverso del secondo tiro mi fermo e attrezzo una sosta su un chiodo e nut e recupero Matteo.
Matteo giunge in sosta e velocemente comincia a scalare il secondo tiro, prima in alto, poi verso destra, in direzione di evidenti speroni. Solo dopo averli raggiunti si rende conto che sarebbe convenuto andare subito a sinistra e poi in alto per guadagnare poi la rampa da percorrere in discesa.
Qui l'orientamento non è difficile, ma per stabilire la direzione giusta ed evitare attriti di corde ci vuole un poco di naso (che ovviamente ci è mancato). Matteo attrezza una bella sosta su tre punti e mi recupera.
L'attacco del secondo tiro |
Qui l'orientamento non è difficile, ma per stabilire la direzione giusta ed evitare attriti di corde ci vuole un poco di naso (che ovviamente ci è mancato). Matteo attrezza una bella sosta su tre punti e mi recupera.
La rampetta è inconfondibile e si percorre senza un problema, salvo poi aver perso un po' di tempo alla ricerca dei due chiodi di sosta: ne trovo solo uno infatti e pensando che fosse uno di progressione scendo più in basso a cercare quelli che le relazioni raccontano esserci.
Dopo aver imprecato e cercato me ne torno al chiodo trovato e preparo una sosta su chiodo e fessura.
Sono sotto al diedro del quarto tiro (terzo se non si spezza il secondo come abbiamo fatto noi per evitare gli attriti).
Dopo aver imprecato e cercato me ne torno al chiodo trovato e preparo una sosta su chiodo e fessura.
Sono sotto al diedro del quarto tiro (terzo se non si spezza il secondo come abbiamo fatto noi per evitare gli attriti).
La roccia è decisamente diversa da quella compatta e monolitica delle spalle. Qui si ha la sensazione di essere proprio in dolomiti. Anche i colori somigliano a quelli dei monti pallidi. In fondo la roccia è discreta, ma la vista e la sensazione che trasmette è quella di roba rotta e poco solida: un po' di attenzione, in particolare per la salute del socio in sosta, non guasta affatto.
Il diedro aperto e facile si fa scalare con facilità, fino a giungere ad una fessura con due chiodi molto vicini l'uno all'altro che permette l'accesso ad una cengia con una sosta bella fiammante su spit. Qui il passo è un poco più impegnativo, ma niente di particolare.
Il tiro successivo offre un bel traverso verso uno strapiombino facile e divertente protetto da un bel chiodo un po' nascosto, per proseguire su difficoltà decisamente inferiori ad una sosta su chiodo e nut.
Proseguo su terreno facile fino ad arrivare al diedro chiave della via dove trovo uno spit che rinforzo su una fessura con un bel friend verde.
Matteo mi raggiunge in sosta e in breve sono pronto. La roccia è più solida di quel che appare, la fessura è generosa e dopo i primi metri si cominciano a trovare chiodi in abbondanza, che addirittura permetterebbero di farla in artificiale.
In due occasioni è anche difficile non mettere i piedi sopra i chiodi, così che si evita solo con la massima intransigenza morale nell'usarli come appoggio. Siccome per le mani c'è parecchio e il diedro offre ottime alternative l'etica estrema mi trova d'accordo ed evito di usarli come scalini.
Comunque il diedro è bello atletico e lo scalo con grande entusiasmo, peccato solo che finisce presto e mi ritrovo su delle belle placchette e poi terreno molto più facile fino alla sosta.
Il diedro aperto e facile si fa scalare con facilità, fino a giungere ad una fessura con due chiodi molto vicini l'uno all'altro che permette l'accesso ad una cengia con una sosta bella fiammante su spit. Qui il passo è un poco più impegnativo, ma niente di particolare.
Il quarto tiro visto dall'alto |
Il traverso d'attacco del quinto tiro |
S5 |
Proseguo su terreno facile fino ad arrivare al diedro chiave della via dove trovo uno spit che rinforzo su una fessura con un bel friend verde.
Il bel diedro del settimo tiro |
Matteo mi raggiunge in sosta e in breve sono pronto. La roccia è più solida di quel che appare, la fessura è generosa e dopo i primi metri si cominciano a trovare chiodi in abbondanza, che addirittura permetterebbero di farla in artificiale.
In due occasioni è anche difficile non mettere i piedi sopra i chiodi, così che si evita solo con la massima intransigenza morale nell'usarli come appoggio. Siccome per le mani c'è parecchio e il diedro offre ottime alternative l'etica estrema mi trova d'accordo ed evito di usarli come scalini.
Comunque il diedro è bello atletico e lo scalo con grande entusiasmo, peccato solo che finisce presto e mi ritrovo su delle belle placchette e poi terreno molto più facile fino alla sosta.
Da dove mi trovo il panorama è meraviglioso. La piana di Campo Imperatore, è accesa dal sole, ogni tanto arrivano le voci di escursionisti e di una cordata impegnata, credo, su Controcorrente, proprio alla nostra sinistra.
Il terreno si corica e con Matteo, che prende il comando, decidiamo di proseguire una volta giunti a fine corda, in conserva: per lo scopo mi metto le scarpe, con i piedi che ringraziano per il cambio.
Da lì la faccenda è praticamente conclusa. La via diventa un II scarso, con un passo proprio sopra la sosta che forse è III, fino a che non si trasforma nella cresta che unisce l'anticima Sud con la Vetta Occidentale.
In breve siamo alla croce.
E per dieci minuti c'è anche silenzio e ce lo godiamo proprio tutto, poi arrivano i merenderos e termina la pace.
Quei dieci minuti di tranquillità, beh, valgono più di quanto si possa volere.
L2 - II - 25m
Da qui per il filo dello spigolo si può proseguire facilmente in conserva o volendo fare tiri si incontrano diversi chiodi e numerose occasioni per attrezzare delle soste. Giunti sulla facile cresta si prosegue in direzione ovest verso la croce di vetta.
Il terreno si corica e con Matteo, che prende il comando, decidiamo di proseguire una volta giunti a fine corda, in conserva: per lo scopo mi metto le scarpe, con i piedi che ringraziano per il cambio.
Da lì la faccenda è praticamente conclusa. La via diventa un II scarso, con un passo proprio sopra la sosta che forse è III, fino a che non si trasforma nella cresta che unisce l'anticima Sud con la Vetta Occidentale.
In breve siamo alla croce.
Terreno più facile |
E per dieci minuti c'è anche silenzio e ce lo godiamo proprio tutto, poi arrivano i merenderos e termina la pace.
Quei dieci minuti di tranquillità, beh, valgono più di quanto si possa volere.
Avvicinamento:
giunti a Campo Imperatore si prende a salire
oltrepassando l'osservatorio. Si devia a destra lungo il sentieroche porta alla sella di Monte Aquila.
Guadagnata la sella si continua in direzione della parete sud del Corno Grande puntando al Sassone, un roccia monolitica sempre visibile. Superato il Sassone, si prosegue a destra seguendo le indicazioni che portano al bivacco Bafile. Una volta superata un costone roccioso si giunge bene in vista della rampa d'accesso che con via intuitiva si percorre fino al comodo terrazzino d'attacco della via dove è presente uno spit.
Guadagnata la sella si continua in direzione della parete sud del Corno Grande puntando al Sassone, un roccia monolitica sempre visibile. Superato il Sassone, si prosegue a destra seguendo le indicazioni che portano al bivacco Bafile. Una volta superata un costone roccioso si giunge bene in vista della rampa d'accesso che con via intuitiva si percorre fino al comodo terrazzino d'attacco della via dove è presente uno spit.
Materiale
nda,
utili friend medi, nut, diverse fettucce e cordini per
allungare le protezioni, alcuni rinvii per il tiro chiave, eventualmente martello e chiodi ma non indispensabili.
Relazione
L1 - III - 40m
Si
attacca dritti fino ad incrociare due chiodi di una vecchia sosta, poi si superano facilmente altri due salti fino ad un chiodo su un ampio terrazzino su cui si fa sosta (2ch., sosta su 1 ch. da rinforzare)
L2 - II - 25m
Si continua verso degli speroni sotto il salto verticale ben visibile sin dall'inizio (sosta su da attrezzare)
L3 - II - 25m
Si traversa a destra in discesa per una rampa che conduce sotto un ampio diedro (sosta su 1ch. da rinforzare)
L4 - IV - 30m
Si sale il diedro fino ad un fessura chiodata con la quale si guadagna una cengia orizzontale sulla quale si sosta (4 ch., sosta su 2 spit)
L5 - IV - 20m
Si traversa a destra fino ad un cordone su chiodo e poi in alto superando uno strapiombino per giungere su terreno più facile dove si sosta (2 ch., sosta su 1 ch. da rinforzare)
L6 - III - 25m
Si continua per facili rocce fino a sotto il diedro chiave della via (sosta su 1 spit da rinforzare)
L7 - V- - 25m
Si attacca il diedro-fessura a sinistra con arrampicata fisica fino ad uscire su placchette chiodate alla destra del filo dello spigolo (6 ch., sosta su 2 spit)
Da qui per il filo dello spigolo si può proseguire facilmente in conserva o volendo fare tiri si incontrano diversi chiodi e numerose occasioni per attrezzare delle soste. Giunti sulla facile cresta si prosegue in direzione ovest verso la croce di vetta.
Discesa: tre diverse opzioni. Per la normale, sconsigliabile perchè molto lunga. Per la cresta Ovest segnata da bolli bianchi e rossi, per la Direttissima segnata da bolli verdi.
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