martedì 29 novembre 2016

Capo d'Uomo - Via Stefi - 100m - 6a+

Capo d'Uomo è sempre un bellissimo luogo in cui perdersi. Alle porte dell'inverno, dopo quasi un anno, tornare e trovarsi nuovamente di fronte alla bellezza del mare che rumoreggia sotto i nostri piedi fa un piacevole effetto.
E poco male se la via è un po' troppo breve.
Sentire il profuno di ginepro sparso dal vento all'uscita in cresta vale la pena.


Il mio compagno di cordata era convinto che avremmo trovato un casino di gente che, vogliosa di qualche multi-pitch in un angolo paradisiaco d'Italia, avrebbe affollato parete, falesia, sentieri, parcheggio.
Invece, quando giungiamo a destinazione dopo due ore d'auto durante le quali perlopiù ho dormito, non c'è nessuno. Solo due vestiti da cacciatori, di che andranno a caccia, poi, non l'ho mica capito. 
Ci incamminiamo lungo il sentiero, passiamo sotto la falesia, la pietraia che rischia sempre di spezzare qualche caviglia, infine arriviamo, accaldati e sudati, sotto l'attacco della via.
Un annetto fa avevamo sbagliato l'attacco di Argento Argentario e preso la fila di spit a destra.


Il tiro non è difficile, qualche passetto un pelino più tecnico, ma nulla di grave o impegnativo, così in breve sono in sosta. Un bel paio di spit poco sotto la placconata incisa da Argento Argentario.
E' caldo, nonostante la data sul calendario.
Matteo sale, recupera quel poco di materiale che serve e si inoltra sulla placca appoggiata che sostiene la parete.


Il traverso è lungo e facile, godibile. Matteo se ne sta bello comodo in sosta e recupera con affanno. Porta addosso una specie di maglia della salute, misto sintetico, una roba che sotto ci crescono i funghi, e suda. Per onestà è proprio caldo, così ci spogliamo entrambi, mi riprendo il materiale e attacco il tiro chiave.


L'attacco non è affatto banale. Va bene interpretato e rischia di bruciare le braccia. Poi smolla un pochino e si fa arrampicare. Il tiro è lungo, tecnico, sostenuto: si sta sempre sui piedi e non ci sono riposi efficaci.
Proprio per questo è veramente godurioso.
La sosta fa cagare, ho i piedi in fiamme per il caldo e non so come posizionarmi per trovare un po' di comodità. Spero che Matteo si sbrighi perchè sto veramente come un prosciutto appeso ad asciugare.


  
Matteo sale abbastanza velocemente. Purtroppo non lo fa abbastanza velocemente: continuo a muovermi per dare un po' di frescura ai piedi, a spostarmi per scaricare un po' l'imbrago, ad appoggiarmi con le ginocchia.
Niente. Sto scomodo.
Quando arriva mi sbrigo a partire.




Il tiro attacca un brevissimo muretto con un primo spit un po' alto rispetto alla sosta, ma tenendo la sinistra ci si arriva abbastanza facilmente. Poi si arriva ad una pancetta che nasconde una placca inclinata all'apparenza liscia.
Invece con grande goduria, sfruttando anche il diedro sulla sinistra, si sale facilmente fino all'ultimo muro.
Anche questo appare ostico ma il diedro serba nascosto una fessura che permette di salire con un bel dulfer gli ultimi metri del bello ma troppo breve tiro.
Esco in cresta dove mi attendono tre spit.
C'è una fresca brezza marina che porta con se l'odore della salsedine.



Via breve, non estrema, carina e godibile.
Il luogo, in ogni caso, vale il viaggio.

Accesso

Giunti a Porto Santo Stefano, alla prima rotonda in prossimità del porto si prende a sinistra e si imbocca via del Campone. Si prosegue lungamente fino a che non si arriva al valico da cui è possibile ammirare il mare. Si parcheggia ad uno spiazzo poco prima dello scollinamento. Sulla destra parte una sterrata, percorribile anche con l'auto ma con difficoltà. Si imbocca la sterrata, ad un primo bivio si tiene la destra e si giunge ad un curvone verso destra in salita.
Da lì parte un sentierino evidente verso sinistra, lo si imbocca e lo si percorre fino ad una selletta poco sotto l'evidente torre.
Dalla selletta si scende a sinistra dentro il canalone. Il sentiero è evidente e segnato da ometti. Si scende in mezzo al bosco fino alla falesia attrezzata, da lì si prosegue su tracce di sentiero abbastanza evidenti e segnate da ometti, prima verso sinistra, poi lungo il canalone detritico e infine, una volta giunti poco a valle dell'attacco delle vie, si devia decisamente a destra nei pressi di un grosso masso con ometto, si risale brevemente il ghiaione e si arriva alla base da cui si vedono due file di spit.  (30min circa fino all'attacco)

Materiale

corda intera da 60m o due mezze, 15 rinvii, qualche fettuccia per allungare le protezioni, cordini per attrezzare le soste.

Relazione

L1 - 5c - 35m
Si attacca la placca seguendo la fila di spit che obliqua verso destro e poi sale verticale verso l'alto (13 fix, sosta da attrezzare su 2 spit)

L2 - 4b - 20m
Si traversa a destra verso l'evidente diedro seguendo le rade protezioni fin sotto la parete dove si trova la sosta  (4 fix, sosta da attrezzare su 2 spit)

L3 - 6a+ - 30m
Si attacca la bella parete in verticale con difficile passo iniziale. Al terzo spit si prosegue verso destra in aperta parete. Con arrampicata continua e sostenuta si giunge infine in sosta (13 fix, sosta da attrezzare su 2 spit)
 
L4 - 6a - 15m 
Si attacca passando a sinistra della placchetta sopra la sosta per andare a prendere il primo spit. Si seguono le protezioni fino ad un ribaltamento sopra una pancetta per guadagnare una placca appoggiata che muore sotto l'ultimo muretto di pochi metri. Si esce in cresta (8 fix, sosta da attrezzare su 3 spit)


Discesa

Dalla sosta di uscita è possibile sciogliersi e proseguire facilmente fino alla torre. Sulla sinistra di questa si imbocca un evidente sentiero che rapidamente conduce alla selletta e quindi al sentiero fatto all'andata.

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