lunedì 23 giugno 2014

Pizzo d'Intermesoli - Abracadabra - 125m - VI+

Ciò che conta davvero, secondo me, alla fine di una giornata di scalata è quanto si è soddisfatti di quello che si è fatto. Al di là dei gradi, degli obiettivi e del desiderio di salire questa o quella via.
Sicuramente essere in tre non ha aiutato nell'intento che ci eravamo prefissi, ma in questo caso la responsabilità di aver puntato un po' troppo in alto (in tutti i sensi) è solo mia: volevo concatenare al II pilastro dell'Intermesoli Abracadabra e Zibidì Zibidè (215m, V max). 
Ho fatto male i conti.

I pratoni sommitali da percorrere per scendere dalle vie che finiscono in cima alle Strutture, al II e III Pilastro.


Si parte presto, come al solito. L'idea di concatenare le due vie mi stuzzica tantissimo, ma sono abbastanza intimorito dal tiro di VI+, 6a+ in alcune relazioni, che mi aspetta su Abracadabra. Ho anche dubbi in merito alla nostra velocità, ma mi preoccupano meno.
Il viaggio passa alla svelta e alle 7.35 siamo già ai Prati di Tivo. Oggi con me ci sono Marco e Federico, forte rocciatore alla sua prima esperienza in montagna.
Organizziamo il materiale e ci sbrighiamo ad incamminarci per la Val Maone.
Sono un po' teso. Il terzo tiro di Abracadabra è dato 6a+ in qualche relazione e, per quello che mi riguarda, siamo quasi al limite delle mie capacità tecniche. Il tiro è ben spittato, le soste sono ottime, ma rimango un po' dubbioso.
Per fortuna la Val Maone, in tutta la sua magnificenza mi distrae e mi ipnotizza.

Abbiamo compagnia
In corrispondenza del nevaio c'è l'attacco della via

In breve, molto più velocemente di quanto mi aspettassi, arriviamo sotto il secondo pilastro. Abbiamo lasciato indietro lo Scudo, il Pilastro Giallo, l'Anfiteatro: siamo di fronte ad un nevaio che ci nasconde l'attacco della via.
Per fortuna possiamo passare tra la parete e questo scampolo d'inverno. 
Ci prepariamo, filiamo diligentemente le corde, mi carico qualche friend per poter integrare e parto.


Come al solito, sarà il primo tiro, sarà che staccare i piedi da terra per inoltrarsi in un viaggio verticale è sempre un'incognita, sarà lo stomaco ancora in subbuglio per la guida sport di Marco, ma questo "tiretto" di IV+/V mi pare ostico. Arrivo alla sosta e mi appendo: sono con le chiappe a venti metri da terra su una cengetta scomoda, prendo un po' di fiato. Ma perchè il primo tiro è sempre così drammatico?


Arrivano su anche Marco e Federico. Hanno dietro due zaini da big wall. Non so sinceramente cosa ci sia dentro (io gli ho lasciato le mie scarpe, visto lo spazio che c'era) ma non li invidio affatto.
Riparto con un simpatico, si fa per dire, traverso a destra e poi dritti in placca per raggiungere dei risalti detritici e di roccia rotta su cui cerco di andar leggero. Sento che inizio a carburare. Gli spit si susseguono e in qualche punto integro con un friend o una fettuccia.


Quando arrivo in sosta, in una zona abbastanza comoda, capisco perchè le relazioni dicono di scendere a sinistra per prendere il diedro: gli ancoraggi si trovano a un buon metro e mezzo dalla cima di un sassone staccato dalla parete su cui bisogna inerpicarsi per arrivare ad alloggiarsi.

La cengetta erbosa e detritica dove si erge il sassone della seconda sosta
A questo punto cambio le scarpette. Già, neanche fossi un pro. Però le mie fidate e storiche Anasazi in velcro sono troppo "comode" per un tiro impegnativo e mi rifugio in un paio di Pantera più strette.
Sono un po' in tensione. Mi innalzo verso il primo spit, rinvio, passo la corda e scendo dentro il diedro e prendo ad arrampicare. C'è una provvidenziale fessura nell'angolo del diedro e pochi avari appigli per i piedi. Riesco a salire bene, sfruttando quello che c'è e l'incredibile grip che la roccia offre. Arrivo a rinviare anche il secondo spit e quindi alzo gli occhi per decidere cosa fare.
Ovviamente la prima cosa che vedo è la barra filettata del quarto spit cui qualcuno ha ben pensato di cacciare la piastrina.
Indeciso a quale santo appellarmi con un paio di passi un po' delicati salgo ancora verso delle prese discrete e quindi integro con un bel friend nella fessura. Da lì mi tranquillizzo definitivamente e proseguo più sicuro, evitando di tirare delle belle lame invitanti ma decisamente rotte ed instabili fino ad arrivare su terreno sempre più facile fino alla terza sosta.



Sulla sinistra, inconfondibili, le due Spalle del Corno Piccolo
Mi guardo intorno, sono soddisfatto e contento. Esco dalla bolla sensoriale in cui l'arrampicata mi aveva rinchiuso, sento la voce di altre cordate, lo spettacolo della roccia, della neve, del verde che intorno a noi si svela prepotente. 
Finalmente arrivano anche Marco e Federico. Si scherza, si chiacchiera, ci si scambiano battute.


L'ultimo tiro lo lascio a Federico. E' forte su roccia, vuol provare e le soste sono attrezzate per cui si può fare. Non se lo fa ripetere e dopo aver preso quello che serve parte. L'ultimo tiro è un V, forse qualcosina meno, ma facile e divertente, che percorre un'aereo spigoletto prima di giungere ai piedi della terrazza erbosa che sostiene la parete est del II Pilastro.

L'attacco dell'ultimo tiro

Marco all'uscita sullo spigolo
Saremmo a portata di Zibidì Zibidè, non è tardissimo e si potrebbe fare ma Federico deve andare al lavoro, Marco ha dolore ai piedi (scarpe troppo strette eh, eh, eh...) e dei nuovoloni si stanno accumulando.
Scendiamo.
Abbiamo scalato oggi, ci siamo divertiti, ci siamo ingaggiati il giusto.

Accesso

Giunti ai Prati di Tivo si percorre la strada che va verso destra fino a raggiungere una sbarra verde che blocca l'accesso ad un bel sentiero. Si parcheggia e si percorre il sentiero entrando così in Val Maone. Per arrivare al II Pilastro occorre superare il primo tratto in bosco, giunti in vista della Grotta dell'Oro (inconfondibile) si prende il sentierino sulla destra che porta fin lassù. Ci si passa di fronte, continuando quindi verso sinistra. Si oltrepassa l'inconfondibile Pilastro Giallo e la parete grigia che è l'Anfiteatro per giungere sotto lo zoccolo che sostiene la parete Est e culmina nella cengia erbosa.

Materiale

nda, utili friend piccoli e medi, diverse fettucce e cordini per allungare le protezioni, una decina di rinvii, due mezze da 60m se si vogliono fare solo due calate.

Relazione

Manterrò, per coerenza con le guide che si trovano in giro, la gradazione che equipara il VI al 5c (anche se non è che tutti la vedano proprio così). Tutte le soste sono attrezzate per le calate ma conviene fare solo due doppie: da S4 a S2 e da questa fino a terra.

L1 - V - 20m
Si attacca la placca fino a raggiungere una lama e poi dritti fino ad una esposta sosta (2 spit, sosta su 2 ch. e spit)

L2 - V - 50m
Si traversa leggermente a destra e si affronta la placca sovrastante che presenta diversi salti di roccia rotta: prestare molta attenzione (diversi spit e chiodi, sosta su 2 spit)

L3 - VI+ - 30m
Dal masso su cui si sosta si scende un poco e si entra a sinistra nel dedro riguadagnando metri. Lo si percorre con un paio di passi più delicati fino ad uscirne. Poi per terreno più facile si esce su una cengia erbosa dove si trova la sosta (diversi spit, il terzo manca della piastrina, sosta su 2 spit)

L4 - V- - 25m
Si sale la placca appoggiata fino allo spigolo, poi lo si percorre fino ad uscirne deviando infine un poco verso destra dove si trova la sosta all'inizio della cengia erbosa di metà parete (2 spit, 2 ch., sosta su 3 spit)

Discesa

In doppia lungo la via. 



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