Era parecchio tempo, anche troppo, che inseguivo la salita di questo canale con il suo attacco ghiacciato e verticale. Le condizioni non erano buone, io non ero disponibile, il compagno non c'era.
Finalmente, forse anche grazie a questo strano inverno, riesco, insieme a Max, a scalare questa bella e niente affatto banale linea di ghiaccio.
Il primo tiro della via originale, in realtà, percorre una cengia che si dipana più in alto rispetto a dove vogliamo attaccare noi e percorre poi i due tiri superiori, ma quest'attacco di variante è decisamente più ingaggiante e difficile, praticamente divenuto la via classica con cui le cordate percorrono quest'itinerario.
Arriviamo al Sebastiani di buon'ora e dopo brevi preparativi partiamo con buon ritmo verso la nostra meta. Rispetto alle settimane passate il manto nevoso si è assottigliato parecchio e i versanti a sud spazzati dal vento fanno mostra di chiazze di erba e rocce.
Passiamo in rassegna tutte le vie del versante nord-est, che già prima delle otto prende in pieno il sole, i canali sono riempiti e probabilmente ben percorribili, anche se più avanti nella giornata la neve diverrà una pappa micidiale.
In circa tre quarti d'ora siamo sotto la colata. Anche da lontano appare ben formata e "grassa", anche se nascosta da un'infido e fastidioso strato di neve che, dato il periodo si è incollata sul ghiaccio sottostante.
Ogni tanto soffia un vento gelido e rabbrividisco un po' mentre mi addobbo con il materiale, filiamo le corde, ci leghiamo.
Non senza un poco di timore parto per il primo, duro, tiro. Sono un legnoso e fatico un po' a chiodare: lo strato di neve tipo granita è ingannevole e mi costringe a lunghe ed elaborate operazioni di pulizia prima di riuscire ad avvitare le viti.
La verticalità è da subito totale. Si inizia subito con un muretto di qualche metro a 90° e immancabilmente le mani perdono sensibilità, per poi formicolare dolorosamente quando il sangue comincia ad affluire e portare calore nelle dita.
Salgo in maniera veramente anti-estetica, modello Pinocchio, braccia e gambe di legno, raspando in diversi punti con i ramponi e facendo fin troppa forza con le braccia.
Trovo un buon riposo sulla destra e poi riparto. Riesco ad essere un pochino più sciolto, complice anche un tratto meno sostenuto, fino ad arrivare all'uscita delle difficoltà.
Esco infatti su un tratto nevoso intorno ai 50° che percorro velocemente cercando con lo sguardo la sosta sulla sinistra. Con grande gioia trovo due bellissimi spit su cui attrezzo la sosta e soddisfatto mi ci appendo per poi recuperare Max.
Il tiro è stato veramente verticale e la difficoltà a trovare il ghiaccio sottostante per attrezzare le protezioni ha aggiunto impegno. Forse avrei faticato meno e sarei progredito con più scioltezza se avessi chiodato meno, ma ho preferito faticare di più e stare più tranquillo.
Anche Max impiega tempo a salire e disattrezzare le protezioni, arriva abbastanza affaticato anche lui alla sosta. In breve ci scambiamo il materiale e riparto per il secondo tiro.
Salgo prima a destra per uno scivolo nevoso incassato e stretto per arrivare sotto il primo risalto ghiacciato. La pendenza è molto meno sostenuta, intorno ai 70°, ma è completamente coperto da uno strato di neve. Passo un paio di protezioni scavando in cerca del duro, ma passo molto più agevolmente, anche sfruttando le roccette ai lati. Dopo una breve rampetta salgo un più facile muretto che proteggo con un paio di friend su una bella fessura sulla destra.
Prima della fine delle difficoltà un saltino a 80° di pochi metri oppone gli ultimi sforzi.
Esco su un ampio pendio a 50° in cerca della sosta. Non vedo nulla, ma sono pronto a piantare un paio di chiodi su roccia.
La trovo poi sulla sinistra, sotto delle rocce ghiacciate, che mi presenta l'imbarazzo della scelta: un chiodo e 4 spit, due dei quali collegati da un vecchio cordone. Probabilmente con più innevamento i due più bassi risultano nascosti.
Finalmente, forse anche grazie a questo strano inverno, riesco, insieme a Max, a scalare questa bella e niente affatto banale linea di ghiaccio.
L'impegnativo attacco del primo tiro della via |
Il primo tiro della via originale, in realtà, percorre una cengia che si dipana più in alto rispetto a dove vogliamo attaccare noi e percorre poi i due tiri superiori, ma quest'attacco di variante è decisamente più ingaggiante e difficile, praticamente divenuto la via classica con cui le cordate percorrono quest'itinerario.
Arriviamo al Sebastiani di buon'ora e dopo brevi preparativi partiamo con buon ritmo verso la nostra meta. Rispetto alle settimane passate il manto nevoso si è assottigliato parecchio e i versanti a sud spazzati dal vento fanno mostra di chiazze di erba e rocce.
La sempre bella linea del Chiaretti-Pietrostefani |
Il traverso sotto la nord-ovest |
In circa tre quarti d'ora siamo sotto la colata. Anche da lontano appare ben formata e "grassa", anche se nascosta da un'infido e fastidioso strato di neve che, dato il periodo si è incollata sul ghiaccio sottostante.
Ogni tanto soffia un vento gelido e rabbrividisco un po' mentre mi addobbo con il materiale, filiamo le corde, ci leghiamo.
Non senza un poco di timore parto per il primo, duro, tiro. Sono un legnoso e fatico un po' a chiodare: lo strato di neve tipo granita è ingannevole e mi costringe a lunghe ed elaborate operazioni di pulizia prima di riuscire ad avvitare le viti.
La verticalità è da subito totale. Si inizia subito con un muretto di qualche metro a 90° e immancabilmente le mani perdono sensibilità, per poi formicolare dolorosamente quando il sangue comincia ad affluire e portare calore nelle dita.
Salgo in maniera veramente anti-estetica, modello Pinocchio, braccia e gambe di legno, raspando in diversi punti con i ramponi e facendo fin troppa forza con le braccia.
Trovo un buon riposo sulla destra e poi riparto. Riesco ad essere un pochino più sciolto, complice anche un tratto meno sostenuto, fino ad arrivare all'uscita delle difficoltà.
Esco infatti su un tratto nevoso intorno ai 50° che percorro velocemente cercando con lo sguardo la sosta sulla sinistra. Con grande gioia trovo due bellissimi spit su cui attrezzo la sosta e soddisfatto mi ci appendo per poi recuperare Max.
Max esce dalle difficoltà |
Anche Max impiega tempo a salire e disattrezzare le protezioni, arriva abbastanza affaticato anche lui alla sosta. In breve ci scambiamo il materiale e riparto per il secondo tiro.
La partenza del secondo tiro |
Il primo muro di L2 |
Prima della fine delle difficoltà un saltino a 80° di pochi metri oppone gli ultimi sforzi.
Appena superato il primo risalto |
Il secondo breve salto |
La trovo poi sulla sinistra, sotto delle rocce ghiacciate, che mi presenta l'imbarazzo della scelta: un chiodo e 4 spit, due dei quali collegati da un vecchio cordone. Probabilmente con più innevamento i due più bassi risultano nascosti.
Max sale veloce e rapidamente arriva in sosta. L'ultimo tiro, superato un facile muretto ghiacciato, è solo pendio nevoso a 55° che ci porta facilmente sulla cresta, proprio in corrispondenza dell'uscita della Chiaretti-Pietrostefani.
Non appena usciamo al sole la temperatura si fa alta e comincio a sudare. Percorriamo l'ultimo tratto di cresta che ci conduce in vetta.
Lassù riponiamo tutta la ferramenta, mangiamo un pezzo di cioccolata e dopo esserci fatti coccolare dal sole ci avviamo in discesa per il Centrale e verso il parcheggio, un panino, una bella e meritata birra.
Accesso: dal Rifugio Sebastiani ci si dirige verso nord costeggiando la parete nord-est del Monte Terminillo. Giunti alla sella delle Scangive, da cui si ha la vista globale del bel canale Chiaretti-Pietrostefani, si scende il pendio e si traversa appena possibile verso sinistra per poi risalire l'ampio canalone Nord. Dopo un centinaio di metri si giunge in vista della netta colata di ghiaccio che sale verticale la parete.
Non appena usciamo al sole la temperatura si fa alta e comincio a sudare. Percorriamo l'ultimo tratto di cresta che ci conduce in vetta.
Lassù riponiamo tutta la ferramenta, mangiamo un pezzo di cioccolata e dopo esserci fatti coccolare dal sole ci avviamo in discesa per il Centrale e verso il parcheggio, un panino, una bella e meritata birra.
Accesso: dal Rifugio Sebastiani ci si dirige verso nord costeggiando la parete nord-est del Monte Terminillo. Giunti alla sella delle Scangive, da cui si ha la vista globale del bel canale Chiaretti-Pietrostefani, si scende il pendio e si traversa appena possibile verso sinistra per poi risalire l'ampio canalone Nord. Dopo un centinaio di metri si giunge in vista della netta colata di ghiaccio che sale verticale la parete.
Materiale nda, 8-10 viti
da ghiaccio, eventualmente cordini da
abbandono, qualche nut o friend
Disl. via: 200m
Durata: 2h30'
Avvicinamento: 1h dal Rifugio Sebastiani
Avvicinamento: 1h dal Rifugio Sebastiani
RELAZIONE
L1 - 50m - 3+
Si
sale il salto ghiacciato da subito verticale per uscire su un facile pendio a 50°. Dopo una ventina di metri si trova una sosta da attrezzare su due spit.
L2 - 50m - 2+
si sale il pendio entrando in una strettoia per giungere in vista di una biforcazione. Si sale il ramo sinistro affrontando un primo muro ghiacciato a 70°, superato il quale si scala un secondo più breve risalto con passi a 80°. Si esce su un ampio pendio nevoso che si risale tenendo la sinistra per incontrare una sosta su vari spit e cordone.
L3 - 55m - 55°
Superato un facile muretto a con passi a 60° si risale l'ampio e facile pendio fino a giungere in cresta. Su un grande sperone sulla destra si trova la sosta su due spit da attrezzare
Si prosegue in cresta superando due facili risalti per poi giungere fino in vetta.
Si prosegue in cresta superando due facili risalti per poi giungere fino in vetta.
DISCESA
Lungo il canale centrale
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