martedì 3 luglio 2018

Roi de Siam - Le lifting du Roi - 300m - 5c

L'idea era proprio un'altra, ma con lo zero a 3900 e con il granito del Bianco a un'ora e poco più di cammino dall'arrivo della funivia, andare a fare questa bellissima linea aperta proprio da Massimo Datrino le idee sono cambiate in fretta.
Di tutto quello che ho provato e pensato una cosa mi è tornata in mente più e più volte nel corso della giornata: quanta roccia!

Probabilmente l'emozione più forte che ho provato è stata quella che mi ha accompagnato mentre ci avvicinavamo al Grand Capucin. Sentimenti misti di ammirazione, timore, gioia, esaltazione nell'essere di fronte al monolite su cui sono state scritte pagine di storia dell'alpinismo.
Là sotto, vederlo dal vero, è tutta un'altra cosa.
Rifacciamo tutta la trafila del giorno precedente: funivia, scalette, ghiacciaio.
E' già caldo. Il sole ci bacerà per tutta la giornata che si preannuncia meravigliosa.



C'è parecchio movimento, diversi alpinisti si muovono con gli sci. Noi ci dirigiamo dritti dritti verso l'anfiteatro di guglie composto dal Trident, dal Gran Capucin, dal Petit Capucin, dal Roi de Siam. 
Facciamo la nostra bella sfacchinata con un po' di attenzione giunti in prossimità della meta per via di alcuni crepacci appena appena visibili. 



Passiamo accanto a campi di tende allestiti e già vuoti, con alpinisti impegnati nelle numerose vie a quattro passi dal letto.
Traversiamo verso l'attacco che troviamo colmo di neve. Siamo costretti ad aggirare a destra la base del Roi e risalire un facile pendio con neve già smollata per guadagnare il comodo terrazzino della prima lunghezza.
Molliamo lì l'attrezzatura da ghiacciaio e Massimo parte sulla prima placca, per me, abituato al calcare e alla primissima esperienza su granito, apparentemente avara d'appigli, come si dice in gergo.




Quando tocca a me sfrutto l'aver visto dove è passato lui, e arrampico. Contratto, timoroso, ma arrampico. 
Le protezioni ci sono, ma sono distanti, mai abbondanti e gli obbligatori sono tali.
La roccia è fotonica, roba da orgasmo, di una compattezza aderenza imbarazzanti. Scaliamo, con gusto estremo da parte mia, circondato da un oceano di roccia, su cui l'occhio del local vede intrecci e ragnatele di itinerari, di vie, di tiri, sulle quali è facili perdersi e sognare.



I tiri non sono mai particolarmente lunghi, alcuni sono impegnativi. In particolare il sesto è di una bellezza esagerata: una fessura che mangerebbe friends come io mangerei salsicce arrosto.



Lo aggredisco di gusto accorgendomi che questo tipo di arrampicata non mi è usuale. E' atletica, per certi versi violenta, di forza. Incastro mani e piedi e con la giusta tecnica, che vado scoprendo un pochino per volta, è anche facile, ma non molla, non ci sono riposi, non c'è moltissimo da ragionare.
I passaggi in placca invece sono roba che gestisco leggermente meglio. L'aderenza è fantastica; dopo i primi tiri riesco a spalmare (un po') i piedi e ad andare senza cercare troppo.
E' bellissimo.



Arriviamo alla penultima sosta. Il tempo a disposizione, il rientro e l'alta probabilità di incastro delle corde durante delle doppie ci fanno scappar via. Poco male, l'esperienza è stata bellissima. Comprendo che il granito va approcciato con molta circospezione, ma mi ha entusiasmato: l'ambiente in cui si arrampica è tutt'altra cosa rispetto a quello cui sono abituato.
E fa una gran bella differenza.
Passare una terminale da una parte o da un'altra per arrivare all'attacco diventa qualcosa che va ragionato, scendere in doppia e ritrovarsi dentro un crepaccio tra la roccia e il ghiacciaio possono diventare situazioni critiche.
Al terrazzino dove abbiamo lasciato il materiale da ghiacciaio mi godo il sole mentre mangiamo la prima cosa da ore.
Grazie Massimo.




Accesso

Si prende la funivia Skyway in località Pontal di Courmayeur (AO) che in meno di venti minuti con il cambio alla stazione intermedia di Pavillon sbarca alla Punta Hellbronner. Seguendo facilmente la segnaletica si esce dalla stazione, si percorrono le scalette che depositano direttamente sul ghiacciaio dove con comodità ci si può preparare per l'attraversamento dello stesso.
Si prende verso il Col des Flambeuax, superatolo ci si dirige verso il Grand Capucin: il Roi è la guglia alla sua destra. Si attacca sotto una placca protetta da una spit sulla destra della base. Nel caso l'innevamento o il crepo non permettano di arrivare alla placca si può agirare lo spigolo destro e risalire per uno scivolo nevoso e giungere così al terrazzino della prima sosta.
(1h30' dalle scalette)


Materiale

nda, friend medio-grandi, due mezze corde, 10 rinvii

Relazione 

L1 - 5c - 50m
Placca con passo iniziale atletico (spit, sosta su 2 spit)

L2 - 5a - 35m
dritti in fessura poi traversare a destra aggirando un tetto e quindi ancora a sinistra. Tiro un po’ contorto (3 spit, sosta su due spit)

L3 - 5c - 35m
Prima dritti poi tenendo leggermente la destra fino in sosta (3 spit sosta su 2 spit)

L4 - 5a - 30m
Placca (sosta su 2 spit)

L5 - 4b - 30m
Placca (1 spit sosta su due spit)

L6 - 5b - 50m
Fessura fotonica (1ch. 1 spit, sosta su 2 spit)

L7 - 5a - 35m
Si entra in un camino fessura non banale e molto stretto con lo zaino (3 spit, sosta su 2 spit)

L8 - 4a - 15m
Tutto verso destra ad aggirare eventualmente dei massi (sosta su 2 spit)

L9 - 5b -20m
Tiro finale su fessure e risalti (sosta su 2 spit)


Discesa 

In doppia lungo la via. Particolare attenzione alle alte possibilità di incastro.


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