lunedì 15 giugno 2020

Corno Piccolo - Placche del Totem (usc. Aquilotti '72) - 200m - VI

Si torna finalmente a scalare in montagna e non poteva che essere su una via storica e meravigliosa come quella che con Francesco abbiamo deciso di ripetere. Va da sé che l'unico modo per apprezzare davvero lo straordinario calcare percorso da questo capolavoro è andarci di persona.
Così come è necessario andare di persona per capire il senso reale di "slego".

Il primo tiro

La giornata si presenta frizzante e con un vento teso che ci accompagnerà fino alla fine, ma la voglia e l'astinenza sono importanti e così senza troppo indugio prendiamo la cabinovia che in tempi di Covid ci obbliga a salire in tre per volta.
Oltre me e Francesco ci sono Lorenzo e il fratello e Filippo e David che hanno deciso di fare il Vecchiaccio: siamo parecchi e torniamo finalmente a scalare assieme dopo la lunga pausa della chiusura pandemica.
Percorriamo velocemente il Ventricini, ci buttiamo nel canale del Tesoro Nascosto e risalite le scalette ci fermiamo appena sotto la forcella del Belvedere.
Parto per il primo tiro e, dato che le relazioni non è che siano chiarissime su dove bisogna andare credo di aver cannato la sosta.


Mi ritrovo, infatti, una decina di metri a sinistra della prima sosta del Vecchiaccio e sotto una fila di spit di Cavallo Pazzo. Quando Francesco parte per il secondo tiro, l'indicazione di traversare a destra fino ad incontrare un diedro viene presa alla lettera: credo che stesse cercando di andare a prendere qualcosa dalle parti di Ombre Rosse.
Dopo indicazioni che neanche al semaforo dell'incrocio sotto casa, date da un pio alpinista spaventato dall'apparizione del mio socio, il ragazzo se ne torna mestamente verso la sosta e riparte più sulla verticale, andando a prendere un'ostica fessurina che lo traghetta felicemente sopra al famigerato masso incastrato dove trova la sosta.

Da quello che ho potuto capire abbiamo percorso un'interessante (oltre che chiodata) variante intermedia aperta da Pio Pompa.
Ci accomodiamo sulla comoda cengia e mi guardo la placca di partenza del terzo tiro che appare abbastanza ostico.
Lì per lì non me la sento e mentre sto per passare la palla al socio, questo mi sprona e a quel punto non posso tirarmi indietro.

L3 dalla sosta sotto la pancia finale

Bardato come al solito come un albero di natale salgo su buone prese fino a passare il primo chiodo. Da lì si deve traversare a sinistra fino ad una clessidra con cordone rosa che raggiungo con un po' d'apprensione. Il cordone è ovviamente sfilacciato e decido di rinforzarlo con un kevlar che mi costa un po' di fatica.
Mi appendo con circospezione e verificato che la clessidra fa il suo sporco lavoro riparto nutrendo la convinzione, assolutamente mal riposta di giocarmi un tricam dentro a qualche buchetta.
Invece la faccenda si rivela uno slego di una quindicina di metri su una placca fantasmagorica, tutta buchetti e aderenza e equilibrio, una progressione che man mano si fa più facile fino ad uscire su delle fantastiche rigole e delle sezione fessurate che accettano meglio i nostri "amici".
Un gioioso urlo mi esce dalla gola. Credo che sia qualcosa che chi non scala non può capire e che prescinde dal grado ma è relativo solo ed esclusivamente all'aver varcato il confine del proprio limite o essersi messi alla prova e averla superata.

Dalla sosta Giacomo impegnato sul penultimo tiro del Vecchiaccio
e alpinisti alla sosta del traverso dell'Aquilotti '75

Francesco arriva alla sosta sotto la pancia strapiombante entusiasta: adesso gli tocca il tiro di VI che ci porterà fino in cresta: le rigole però sono bagnate entrambe e il vento è talmente impetuoso che solleva il sacchetto della magnesite al socio rovesciandone il contenuto all'aria tipo neve.
Il ragazzo è talmente carico che però ci prova comunque e cosi parte deciso per lo strapiombo.

Il socio passa...?


Beh, diciamo che Francesco era passato ma poi non ci ha creduto davvero e dopo aver disarrampicato è tornato in sosta. Con la difficoltà di scendere giù e poi provare di nuovo e poi scendere un'altra volta di sicuro era arrivato fuori dalle difficoltà. E abbiamo pure le prove. Poi vento e freddo ci hanno messo il loro carico, io ero intirizzito e la voglia di ingaggiarmi bella che terminata.

Francesco in azione sulla placconata finale

E vabbè, sarà per un'altra volta. In compenso, però, dopo essercene andati verso l'uscita dell'Aquilotti '72, il ragazzo si è tirato in libera tutta la stupenda placca di VI e senza fare un fiato: si vede che la rosicata di non essere passato aveva mosso l'orgoglio arrampicatorio.

Ultimo tiro di Aquilotti '72


Ce ne usciamo bellamente in cresta dove, esposti al freddo e gelido vento del pomeriggio dobbiamo aspettare Filippo e Davide per un po'. 
Parecchio.
Molto tempo a dire la verità.
Troppo.
Ce ne scendiamo dal Bonacossa (meno terribile di come lo immaginavo) per evitare le doppie il cui rischio di incastro era del cento per cento con il vento che tirava.



Accesso

Giunti ai Prati di Tivo si prende la funivia che sale alla Madonnina. Da lì si percorre il sentiero Ventricini sotto tutta la parete Nord, si supera la prima spalla e si giunge ad una forcella da cui parte il tratto attrezzato del Ventricini. Si segue il cavo metallico, si raggiunge il fondo del canale del Tesoro Nascosto, si risalgono le scalette fino ad arrivare poco sotto la forcella del Belvedere (inconfondibile). Sulla destra di una bella placca segnata da evidenti rigole si trova l'attacco verso un diedro (45 min circa)
Alternativamente si può salire con l'auto fino alla piana del laghetto prendendo la strada che dai Prati prosegue a sinistra. Lasciata l'auto si sale l'Arapietra in direzione dell'albergo diruto e poi verso la stazione di monte. Si prosegue come sopra (45 min circa fino alla Madonnina)

Materiale

nda, utili friend medi e grandi, anche i tri-cam tornano molto utili, diverse fettucce e cordini per allungare le protezioni, due mezze corde. 

Relazione

L1 - III+ - 45m
Noi abbiamo salito obliquando verso destra puntando puntando ad un'evidente diedro sotto una pancia fino a giungere ad un comodo terrazzino erboso (sosta da attrezzare su 2 ch.)
L'originale si tiene a destra e più in basso nei pressi di una specie di tettino.

L2 - VI- - 40m
Dalla sosta si traversa un po' a destra appena oltre la verticale degli spit (di Cavallo Pazzo) che percorrono la pancetta strapiombante e si prende una fessura sulla destra e la si percorre con arrampicata non banale fino ad incontrare un masso incastrato, aggirato il quale si trova una sosta. Conviene salire ancora un po' verso destra per prendere la comoda sosta a spit su una cengia (2 ch., sosta attrezzata su 2 spit)

L3 - VI- - 45m
Dalla sosta si punta all'evidente chiodo a sinistra. Con passi delicati si continua in ascesa a sinistra verso una clessidra con cordone rosa (da rinforzare eventualmente). Da lì in verticale su stupenda placca a buchi fino a guadagnare una fessura a sinistra e poi una placca a bellissime rigole che conduce ad una sosta. Conviene saltarla e puntare all'evidente pancia strapiombante solcata da due rigole scure sotto la quale si trova la sosta (di Aquilotti '72) (1 ch., 1 cl., sosta su ch. e clessidra)

Da qui noi abbiamo preso per l'Aquilotti '72

L4 - V - 25m
Si obliqua verso destra, 1 ch., per puntare in alto alla bella placconata del muro finale della parete, verso una rampa obliqua. Su di essa la sosta proprio sotto la fila dei chiodi a pressione dell'Aquilotti '72 (2ch., sosta 3 ch.)

L5 - VI opp. V+ e A0 - 50m
Dalla sosta si sale per placca seguendo la lunga fila di chiodi a pressione, puntando ad un prominente strapiombo. Finita la fila dei chiodo si devia decisamente a sinistra (allungare bene le protezioni per evitare attriti) verso un altro chiodo lontano e poi si segue la fessura che incide la base dello strapiombo con difficoltà fino ad una più facile placca. Si può obliquare ancora a sinistra oppure salire dritti con difficoltà analoghe lungo due diedri paralleli (16 ch. a pressione, sosta su 2 spit) 

L'originale invece:

L4 - VI+ - 40m
Si supera la pancia (chiodo a sinistra o spita a destra) e si percorre la placca per la rigola di destra (a sinistra più morbida) fino ad una sosta

L5 - IV+ - 30m
Si prosegue fino ad uscire sulla cresta in corrispondenza dell'intaglio di uscita dell'Aquilotti '72


Discesa

Si può scendere per il Bonacossa facendo la prima doppia in corrispondenza dell'uscita oppure risalendo facilmente la cresta in direzione della sud della Prima Spalla e poi entrando facilmente sul fondo del canale. 
Oppure si scende con attenzione verso un profondo intaglio in direzione nord ci si passa in mezzo senza incastrarsi troppo e si guadagna la sosta di uscita delle vie della parete Nord. Si effettua la prima doppia puntando al retro del massone arrotondato (attenzione 60m precisi). Si va a prendere una sosta alla sinistra del grande massone arrotondato, faccia a valle.
Poi fino alla sosta con catena di Sua Mollosa Grossezza. L'ultima doppia di 55m conduce a terra.

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