Molto probabilmente le condizioni erano più invernali che estive, nonostante la data dicesse il contrario, e, sicuramente, andarsi a scegliere una via su una parete nord non è stato il colpo di genio migliore che si potesse avere. In ogni caso abbiamo scalato una via interessante e niente affatto banale, meno banale di quello che quel V grado potrebbe indurre a credere.
Sapevamo che sarebbe potuto essere freddo ma i primi due tiri della via ci hanno fatto battere letteralmente i denti. La giornata inizia presto, alle 4.30 sono già in auto per i Prati di Tivo e alle 7.30 ho già caricato Luca al piazzale e siamo arrivati al parcheggio della Piana del Laghetto. C'è qualche altra macchina e a fine giornata ne troveremo molte di più.
Ci incamminiamo per l'Arapietra, poi verso la Madonnina. Il tempo è discreto, c'è anche un timido sole che perderemo del tutto una volta in via. Camminando non si sente molto la bassa temperatura, ma un vento abbastanza gelido me lo ricorda ogni tanto.
In un paio di ore siamo pronti per l'attacco della via. Anche questa volta abbiamo optato per lasciare gli zaini in basso, portiamo con noi solo le scarpe d'avvicinamento che ci serviranno per la discesa dalla cresta.
Attacco il primo per riscaldarmi: sia in senso sportivo che termico. All'ombra è discretamente freddo. Risalgo le placconate basali della parete, in qualche punto bagnate, niente di trascendente ed in breve sono alla sosta, un chiodo ed una bella clessidra. Poco più su, nascosta se ne trova un'altra con due chiodi. Poco male, la distanza tra le due sarà di cinque-sei metri e non crea nessun impaccio.
Il secondo tiro che entra in un camino-fessura, di IV, tocca a Luca che soffre evidentemente il freddo. In effetti la roccia è gelida e dopo un po' sono costretto ad infilarmi il guscio esterno per proteggermi dal vento. Luca tituba, non riesce a scalare, ha le mani ghiacciate anche perchè il camino è ancora un po' umido dopo le piogge dei giorni passati. Alla fine inventa una grande sosta proprio all'attacco del tratto più impegnativo e mi chiede di salire per tentarlo io.
Un po' demoralizzato per questo inconveniente salgo e con qualche contorcimento funambolico supero Luca e comincio ad incastrarmi nel camino (anche se è più fessura off-width che camino). L'arrampicata è veramente brutta, sbuffo, mi incastro, struscio, ma progredisco e quando devo proteggere la sensazione di incastro è molto confortante.
Arrivo su un comodo terrazzino con una bella sosta.
Sono rincuorato dall'essere riuscito a passare, anche abbastanza facilmente anche se non in modo banale come il grado, un quarto, potrebbe far credere.
Da lì ci si potrebbe anche calare e rinunciare. Luca non prende neanche in considerazione l'idea e traversa a destra per salire fino ad un'altra comoda sosta da cui parte il tiro chiave della via.
Non sono convintissimo di volerlo tentare ma alla fine mi faccio coraggio e attacco la scaglia-fessura verticale: la progressione è facilitata dalla possibilità di incastrare i piedi nella fessura e le opportunità di protezione sono praticamente infinite (devo dosare i friend perchè non so che cosa c'è dopo).
Continuo lungo la fessura finchè questa non muore sotto un diedro ostruito da un tettino. Il passaggio è facilmente proteggibile (appena sotto il tetto c'è un chiodo che salto completamente troppo concentrato sul cercare di capire come passare), e dopo qualche secondo di studio mi afferro e con un passaggio decisamente fisico ed esposto passo oltre su una più facile placconata che conduce ad una sosta su due clessidre su una piccola cengia a picco sul vuoto.
Luca giunge velocemente, io sono ancora ansimante per lo sforzo: sinceramente non credevo che il V grado contemplasse certe difficoltà. Sicuramente molto dipende dallo stato di forma sia fisico che mentale e magari ero ancora un po' infreddolito, ma devo dire che rispetto agli altri quinti da me scalati l'ho trovato più duro.
Da lì il resto della via è molto più facile, si percorre una facile placconata fino all'enorme terrazzo erboso su cui giunge anche la Bachetti-Fanesi.
Percorro l'evidente canale per una cinquantina di metri, faccio sosta su un'enorma clessidra ed attendo Luca per l'ultimo tiro. Sono abbastanza stanco, ma sicuramente soddisfatto di aver passato quel bel tiro senza grosse difficoltà anche se con qualche preoccupazione di troppo.
L'ultimo tiro, fatto da Luca, sbuca proprio in cresta. Sono le 13.50 quando arrivo pure io. Finalmente vediamo un po' di sole e immediatamente mi svesto per il caldo. Mangiamo un boccone e appena rifatte le matasse ci avviamo verso la nostra sinistra, lungo i facili saliscendi per andare a guadagnare l'ancoraggio per la calata dalla cresta.
Ci sbrighiamo a scendere. Arriveremo all'auto alle 17.20, dopo quasi dieci ore dalla partenza, personalmente stanco ma molto soddisfatto della giornata.
La via è meno bella di altre simili, anche se il quarto tiro merita di essere percorso. In ogni caso ritengo che sia un quinto "duro", un'itinerario abbastanza fisico, con dei passaggi non banali, da non sottovalutare facendo riferimento solo ed esclusivamente alla valutazione di difficoltà tecnica. La linea è molto logica, facile da seguire e le soste sono tutte attrezzate a parte quelle degli ultimi due tiri.
L1 - III - 40m
Risalire un poco a sinistra della verticale del camino fino ad incontrare prima un chiodo ed una clessidra e poi, leggermente più in alto, due chiodi su cui si sosta (1 ch., cless., sosta 2 ch.)
L2 - IV - 40m
Si prosegue lungo l'evidente camino-fessura, quando si arriva sotto lo sperone roccioso che lo ostruisce si devia verso destra per superarlo e arrivarci sopra dove si sosta (1ch., sosta 3 ch. attrezzata)
L3 - III - 20m
Dal terrazzo si traversa decisamente verso destra arrivando ad un terrazzo molto grande, prima di arrivare al suo termine (dove si trova un tettino con una sosta su due spit) si sale in verticale tenendo leggermente la sinistra per arrivare ad una specie di forcellino (sosta 2 spit)
L4 - V - 40m
Dritti lungo la lama-fessura obliqua che si segue fino a che non appare un diedro ostruito da un tettino (2 ch., uno non molto evidente proprio sotto il passaggio chiave). Lo si supera con passaggio esposto per poi proseguire più facilmente fino ad incontrare delle clessidre dove si sosta (2 ch., sosta 2 cless.)
L5 - III - 40m
Dritti per facile placca tenendo poi la sinistra per evitare dei grandi tetti strapiombanti, poi per un facile diedro fino alla grande terrazza erbosa dove si sosta (sosta da attrezzare oppure clessidra scomoda)
L6 - III - 50m
Prima dritti per placchette e poi lungo l'evidente canale che si percorre facilmente fino ad incontrare delle grandi clessidre dove si può sostare (sosta da attrezzare su clessidra/e)
L7 - II/II - 30m
Si prosegue lungo l'ampia fessura-camino, poi tenendo la destra per facili placche fino in cresta (sosta da attrezzare)
Sui pratoni sotto l'evidente linea d'attacco di Kontiki |
Sapevamo che sarebbe potuto essere freddo ma i primi due tiri della via ci hanno fatto battere letteralmente i denti. La giornata inizia presto, alle 4.30 sono già in auto per i Prati di Tivo e alle 7.30 ho già caricato Luca al piazzale e siamo arrivati al parcheggio della Piana del Laghetto. C'è qualche altra macchina e a fine giornata ne troveremo molte di più.
Ci incamminiamo per l'Arapietra, poi verso la Madonnina. Il tempo è discreto, c'è anche un timido sole che perderemo del tutto una volta in via. Camminando non si sente molto la bassa temperatura, ma un vento abbastanza gelido me lo ricorda ogni tanto.
In un paio di ore siamo pronti per l'attacco della via. Anche questa volta abbiamo optato per lasciare gli zaini in basso, portiamo con noi solo le scarpe d'avvicinamento che ci serviranno per la discesa dalla cresta.
Attacco il primo per riscaldarmi: sia in senso sportivo che termico. All'ombra è discretamente freddo. Risalgo le placconate basali della parete, in qualche punto bagnate, niente di trascendente ed in breve sono alla sosta, un chiodo ed una bella clessidra. Poco più su, nascosta se ne trova un'altra con due chiodi. Poco male, la distanza tra le due sarà di cinque-sei metri e non crea nessun impaccio.
Le placconate d'attacco della via |
S1, un chiodo e clessidra |
Lungo il secondo tiro |
Un po' demoralizzato per questo inconveniente salgo e con qualche contorcimento funambolico supero Luca e comincio ad incastrarmi nel camino (anche se è più fessura off-width che camino). L'arrampicata è veramente brutta, sbuffo, mi incastro, struscio, ma progredisco e quando devo proteggere la sensazione di incastro è molto confortante.
Arrivo su un comodo terrazzino con una bella sosta.
Il facile traverso d'attacco di L3 visto da S2 |
Da lì ci si potrebbe anche calare e rinunciare. Luca non prende neanche in considerazione l'idea e traversa a destra per salire fino ad un'altra comoda sosta da cui parte il tiro chiave della via.
Non sono convintissimo di volerlo tentare ma alla fine mi faccio coraggio e attacco la scaglia-fessura verticale: la progressione è facilitata dalla possibilità di incastrare i piedi nella fessura e le opportunità di protezione sono praticamente infinite (devo dosare i friend perchè non so che cosa c'è dopo).
Continuo lungo la fessura finchè questa non muore sotto un diedro ostruito da un tettino. Il passaggio è facilmente proteggibile (appena sotto il tetto c'è un chiodo che salto completamente troppo concentrato sul cercare di capire come passare), e dopo qualche secondo di studio mi afferro e con un passaggio decisamente fisico ed esposto passo oltre su una più facile placconata che conduce ad una sosta su due clessidre su una piccola cengia a picco sul vuoto.
Da S4 la vista sul vuoto sottostante |
Da lì il resto della via è molto più facile, si percorre una facile placconata fino all'enorme terrazzo erboso su cui giunge anche la Bachetti-Fanesi.
Percorro l'evidente canale per una cinquantina di metri, faccio sosta su un'enorma clessidra ed attendo Luca per l'ultimo tiro. Sono abbastanza stanco, ma sicuramente soddisfatto di aver passato quel bel tiro senza grosse difficoltà anche se con qualche preoccupazione di troppo.
In mezzo alla nebbia sul sesto tiro |
Ci sbrighiamo a scendere. Arriveremo all'auto alle 17.20, dopo quasi dieci ore dalla partenza, personalmente stanco ma molto soddisfatto della giornata.
La via è meno bella di altre simili, anche se il quarto tiro merita di essere percorso. In ogni caso ritengo che sia un quinto "duro", un'itinerario abbastanza fisico, con dei passaggi non banali, da non sottovalutare facendo riferimento solo ed esclusivamente alla valutazione di difficoltà tecnica. La linea è molto logica, facile da seguire e le soste sono tutte attrezzate a parte quelle degli ultimi due tiri.
Materiale
nda, utili friend medio-grandi (usato anche il n.3 camalot), qualche cordino per la S1 (su due chiodi) e le ultime soste da attrezzare dove possibile, eventualmente qualche fettuccia/spezzone di cordino per rinforzare le soste esistenti.Relazione
L'attacco è un evidente camino sovrastato da una grande scaglia che si aggira sulla destra: è facilmente riconoscibile anche guardando la parete dai Prati di Tivo.L1 - III - 40m
Risalire un poco a sinistra della verticale del camino fino ad incontrare prima un chiodo ed una clessidra e poi, leggermente più in alto, due chiodi su cui si sosta (1 ch., cless., sosta 2 ch.)
L2 - IV - 40m
Si prosegue lungo l'evidente camino-fessura, quando si arriva sotto lo sperone roccioso che lo ostruisce si devia verso destra per superarlo e arrivarci sopra dove si sosta (1ch., sosta 3 ch. attrezzata)
L3 - III - 20m
Dal terrazzo si traversa decisamente verso destra arrivando ad un terrazzo molto grande, prima di arrivare al suo termine (dove si trova un tettino con una sosta su due spit) si sale in verticale tenendo leggermente la sinistra per arrivare ad una specie di forcellino (sosta 2 spit)
L4 - V - 40m
Dritti lungo la lama-fessura obliqua che si segue fino a che non appare un diedro ostruito da un tettino (2 ch., uno non molto evidente proprio sotto il passaggio chiave). Lo si supera con passaggio esposto per poi proseguire più facilmente fino ad incontrare delle clessidre dove si sosta (2 ch., sosta 2 cless.)
L5 - III - 40m
Dritti per facile placca tenendo poi la sinistra per evitare dei grandi tetti strapiombanti, poi per un facile diedro fino alla grande terrazza erbosa dove si sosta (sosta da attrezzare oppure clessidra scomoda)
L6 - III - 50m
Prima dritti per placchette e poi lungo l'evidente canale che si percorre facilmente fino ad incontrare delle grandi clessidre dove si può sostare (sosta da attrezzare su clessidra/e)
L7 - II/II - 30m
Si prosegue lungo l'ampia fessura-camino, poi tenendo la destra per facili placche fino in cresta (sosta da attrezzare)
Uscita
Dalla cresta si procede verso la sinistra di
salita in leggera discesa verso il secondo salto della cresta NE.
Arrivati in corrispondenza di uno spallone lo si aggira a sinistra
sul filo di una cengia che taglia circolarmente la spalla fino a
trovare la catena su fix con l'anello di calata.
Ci si cala in doppia fino ad un terrazzo erboso.
Da lì guardando sulla sinistra (con alle spalle la cresta) ci si
dirige verso un canale erboso incassato in una spaccatura. Lo si
guadagna scendendo dentro con un passaggio di II. Lo si percorre
tutto seguendo la curva che piega verso destra fino ad arrivare in
corrispondenza di un forcellino sulla destra che si arrampica
facilmente. Lo si scavalca e si continua a scendere per via intuitiva
sul lato opposto. Dopo poco si incrociano tracce di sentiero che
portano poi a quello che conduce al Franchetti. Si prosegue fino alla
Madonnina.
Complimenti raga, veramente una bella via, impegnativa e lavorata quanto basta da replicare sicuramente.
RispondiEliminaUn saluto caro Bruno
Bella prova Bruno, ieri siamo andati a fare Due generazioni sulla seconda spalla, con clima decisamente migliore! alla prossima
RispondiEliminaEmanuele