lunedì 19 agosto 2013

Punta Giordani m. 4046 e Piramide Vincent m. 4215

Tante volte mi chiedo come mai mi vengano in mente certe cose, ma poi mi rispondo che spesso e volentieri, nella vita, se si sapesse tutto in anticipo sarebbe veramente una gran noia.
Primo di una due giorni abbastanza intensa (almeno per me) sul massiccio del Rosa sulla facile e divertentissima cresta salendo prima dalla normale alla Punta Giordani e poi proseguendo su roccia fino alla vetta della Vincent.

Al centro la Piramide Vincent e sulla destra la Punta Giordani

Mi sono chiesto più di una volta  quale droga stessi prendendo quando alla domanda del mio amico(issimo) Francesco: "Il prossimo week-end si va a fare la cresta del soldato e la Gnifetti. Che fai, vieni?" ho risposto: "Certo che vengo!"
Effettivamente la cresta del soldato, la Punta Gnifetti o comunque qualche vetta del massiccio del Rosa erano sogni che coltivavo da tempo: non è che ci sia facilità di fare quattromila dalle nostre parti.
Così parto e dopo un lungo viaggio arriviamo a Gressoney St.Jean dove pernottiamo in campeggio.
La mattina dopo saliamo a Punta Indren con gli impianti (€ 31 a/r) da cui si vedono molto distintamente le nostre mete. In realtà ero un po' incazzato perchè, per vari motivi logistici e di corde, era saltata la salita della cresta del soldato fino alla punta Giordani, e avevamo ripiegato sulla normale alla Giordani e al concatenamento in cresta della Vincent.
Ero anche un po' preoccupato perchè per me è stato il ritorno in quota dopo quasi dieci anni e avevo timore dell'effetto dell'altitudine sul mio fisico. Gli altri, amici di Francesco, tutti trentini, sono inoltre delle macchine macina-dislivello, ma questo sarà evidente il giorno successivo.
Comunque partiamo alle 8.45 da punta Indren verso lo sperone roccioso della Giordani, da 3260 a 4046 metri, quasi ottocento metri di dislivello da fare in cordata su ghiacciaio.

Seracco sotto la Vincent

In progressione sui facili pendii sotto la Giordani
Sento la fatica quasi da subito. In cordata siamo io, Francesco e Fabrizia, e andare al passo di un altro, dover stare a corda tesa, aggredire subito la quota dopo oltre mille metri di funivia, mi stordiscono. Ansimo, fatico, arranco cercando di non essere di intralcio.
Sento sensazioni decisamente negative, ma spero che da fastidi e disagi non si trasformino in impossibilità di continuare. Così senza lamentarmi continuo e infine dopo 2h45' arriviamo in vetta alla Giordani con la Madonnina. Siamo veramente tanti, il gruppo me compreso diviso in tre cordate è di nove persone, ma tre di loro non saliranno alla Vincent e torneranno indietro verso il rifugio Gnifetti per affrontare più riposate la traversata dei Lyskamm il giorno dopo.


L'attacco della cresta che conduce ai 4215 della Vincent


Si sosta un po', si beve, si fanno foto e ci si scambiano pacche sulle spalle. Nel frattempo la mia testa ha iniziato a dolere lievemente e mi sento parecchio affaticato. Il tratto successivo è più nelle mie corde, arrampicata su roccette e sfasciumi a oltre quattromila metri, con passaggi di II e III e qualche punto di esposizione.


Aggiriamo il primo salto, dopo esserci tolti i ramponi, come da relazione su cengia terrosa sulla destra, con un paio di passi che si affacciano su un bel vuoto e poi si prosegue come si può per via abbastanza intuitiva tenendosi più o meno sul filo di cresta: è necessario stare sempre all'occhio per via di sassi instabili, ma in generale la roccia è buona. Superato il primo salto si prosegue su una facile crestina nevosa (con passo tranquillo senza doversi rimettere i ramponi) fino alle successive rocce.




Si prosegue superando altri tratti nevosi, immersi in un ambiente veramente grandioso, maestoso e per certi versi anche intimorente. Sono legato in cordata e mi rendo conto, guardandomi intorno, di quanto sia fanciullesco questo nostro sforzo, quasi a voler dire alla natura, genitore piuttosto silenzioso, severo e generoso, "Eccomi, guardami, sono qua": siamo tre puntolini su una costa rocciosa che arrancano verso un alto che ad ogni passo si spinge più su.
Giungiamo ai diedri finali e chiedo a Francesco di farmi fare il bel tiretto, una venticinquina di metri con qualche passo di III (forse), da primo. Fabrizia che è con noi non si sente tanto bene (e per fortuna, perchè è una specie di trenino), così decidiamo di proteggere qualche passaggio. L'arrampicata è piacevolissima, mi godo tantissimo la sensazione della roccia sotto le mani, sempre provando le belle lame e scaglie che mi permettono con facilità di guadagnare il salto. Esco su sfasciumi, mi invento una sosta e recupero a spalla prima Fabrizia che viene su molto bene (e alla faccia che stava male) e poi, appena lei è vicino a me anche Francesco. All'improvviso sento che la corda si tende e becco uno strattone, non eccessivo, ma devo tenere la sicura.
Chiamo, non vedendo, e chiedo se va tutto bene. Fabrizia si sporge e trova Francesco con un bel sassone in mano. Là dove noi eravamo passati senza problemi a lui è rimasta in mano una bella sorpresa, e per fortuna che non è andato da primo. Niente di grave, ma ennesima conferma che, per quanto facile sia ciò che si fa, la montagna è sempre roba seria.

Fabrizia all'uscita delle ultime difficoltà


Rimettiamo i ramponi e percorriamo gli ultimi metri che ci separano dalla vetta dove ci attendono baldanzosi e soddisfatti Antonio, Paolo e Daniele. Sono le 14.00, abbiamo impiegato ben più dell'oretta abbondante descritta dalle relazioni, ma abbiamo dovuto spesso rallentare. Personalmente arrivo in vetta alla Vincent con il fiato corto e un sordo pulsare alla testa molto fastidioso.
Mi godo il panorama e le mete, più o meno dichiarate, del giorno dopo.

Dal centro verso destra: Corno Nero, Ludwigshoe, Zumstein, Punta Parrot. Sulla sinistra, le rocce individuano il Balmenhorn con il Cristo delle Vette e il bivacco Giordano


Mi sento abbastanza contento, sono a 4215 metri, prima (e probabilmente unica) uscita in quota dell'anno, scarso allenamento di fiato e poca confidenza con la progressione su ghiacciaio: credo di essermi difeso bene.
Alle 14.30 scendiamo dalla Vincent e, percorrendo l'evidentissima traccia, si scende verso il colle Vincent e poi sul ghiacciaio del Lys che, dopo aver superato alcuni crepaccetti più o meno grandi, conduce ai 3647 della Capanna Gnifetti.



Lì, finalmente ci concediamo il meritato riposo. Ci cambiamo, ci laviamo, chi dorme e chi chiacchiera, chi si prende una birra e mangia qualcosa, chi gioca a carte in attesa della cena (ottima e abbondante).
Con Francesco ci sediamo e studiamo cosa fare il giorno dopo. Siamo in un posto bellissimo, circondati da alpinisti ed escursionisti da tutta Europa, così lontani da tutto e tutti, così immersi nell'ambiente.
Vado a dormire, la sveglia del mattino dopo è impegnativa, e me la dormo di sasso.

1 commento:

  1. OOOOO! alla faccia delle vacanze!! :D

    io ho fatto un po' di Brenta! che si fa, riusciamo ad organizzare belle cose quest'anno?? :D

    un abbraccio!

    M

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