mercoledì 3 giugno 2015

Balza della Penna - Castellani-Vampa - V/A0 (6b) - 215m

Arrivare al percheggio e alzare gli occhi verso Balza della Penna equivale a scoprire una guglia dolomitica in mezzo all'Appennino. Certo, il paragone termina alle forme slanciate e aguzze. La roccia, non ci si faccia ingannare, è quella dell'Appennino, anche se la via si ritaglia dei tiri magnifici, in particolare il quinto: un diedro da vero calcio nelle palle!


Nella mia testa mi ero promesso di tentare il quinto tiro in libera. Mi pareva poco etico trasformare una salita su una via spittata in un "coniglia e tira" gli spit sull'unico tiro impegnativo della via.
Ovviamente dell'etica me ne sono sbattuto.
Troviamo un po' di automobili nel parcheggio di fronte all'inizio del sentiero che conduce alle pendici della guglia rocciosa e avendo gli zaini già pronti cerchiamo di sbrigarci per evitare traffico sulla via.
Quando arriviamo all'attacco, però, troviamo già due cordate impegnate nel primo tiro e nel successivo della via "Il grande traverso". Ci disponiamo per cominciare pure noi, e perdiamo tempo pensando che la via attaccasse in comune con quella già occupata.



Poi la targhetta alla base e l'evidente fila di spit ci fa svegliare. Parto sul primo tiro, facile, su roccia articolata, fin troppo protetto (ma non che mi voglia lamentare). Velocemente giungo in sosta facendo attenzione ai detriti e ai sassi che ingombrano il terrazzo: buttarne giù uno significa centrare perfettamente il socio!



Recupero Matteo e senza porre troppo tempo in mezzo, arrivato al terrazzo, è già pronto per ripartire. Matteo ha già percorso la Castellani-Vampa così attacca una placchetta breve e poi il traverso a sinistra, fino a salire un po' alla sosta. 

Attacco del secondo tiro
Faccio anche io il traverso, facile, protetto, ma pur sempre un traverso, e i traversi non mi piacciono. 
Il terzo tiro attacca una bella placchetta con qualche passo un pochino più duretto, sempre molto protetto, bello da scalare e su roccia nel complesso piuttosto solida. Arrivo alla sosta nei pressi di un alberello vivo e di uno morto che si muove ed è meglio non stuzzicare troppo.
Finalmente sono all'ombra e tira anche una fresca brezza. Mi tolgo le scarpette e mi metto comodo a recuperare il socio.
Una bevuta, una battuta e poi si riparte.
Matteo affronta il secondo facile traverso, giungendo così alla sosta sotto il decantato quinto tiro.

Il quinto tiro
Il diedro, spittato ogni metro, si presenta bello tecnico e avaro d'appigli, in particolare sul lato sinistro. Cerco un po' di concentrazione, mi carico di ferraglia e poi parto.
I primi metri si fanno scalare. La fessura sul fondo del diedro permette di salire andando in opposizione, bilanciando a sinistra e tornando in equilibrio. La spittatura è talmente fitta che forse è pure d'impiccio (non che mi stia lamentando!).
Dopo un po' la situazione cambia. Cerco di tenere la spaccata, di aiutarmi con la mano sinistra senza trovare granchè. Mentre a sinistra per i piedi c'è buono, a destra la roccia mi appare decisamente repulsiva. Spacco con forza, rinvio, provo a salire ancora ma al sesto/settimo rinvio mi blocco e mi appendo.

Da lì in poi la faccenda è dura. Che fare? Scendere, riposarsi e provare di nuovo? Salire in A0 e poi riprovare il tiro?
La seconda sezione prima del tettino e del traverso appare ancora più dura. Opto, quindi, per una sana mungitura dei rinvii. 
Devo dire che anche mungere rinvii a un metro di distanza, o anche meno, non è proprio una passeggiata di salute. Evito staffe e cordini penzolanti e aiutandomi come posso con i piedi sui rari appoggi presenti progredisco verso l'alto.
Sbuffando come la proverbiale vacca, arrivo al traverso, che non è proprio, come prima, una passeggiata di salute. Probabilmente avrei potuto provare a passare in libera ma la mia personale conigliaggine aveva necessità di esprimersi e siccome sono amico degli animali libero il coniglio che è in me e proseguo azzerando bellamente il traverso.
Concludo il tiro raccogliendo quel che rimane della mia dignità scalando gli ultimi due spit fino alla sosta accanto ad un alberello.


L'albero della quinta sosta e il microonde che vi riposa sopra
Anche Matteo ha il suo bel da fare per salire, in particolare il traverso gli risulta un po' più problematico per via delle corde che tirano un po'. Comunque arriva indenne.
Infatti, mentre lo recuperavo, un paio di uccellini si erano messi a planare proprio di fronte a me sostenuti dalle correnti. Mi ero incantato a guardarli e pareva che mi stessero osservando. Effettivamente ero parecchio fuori posto appeso lassù.
Ancora preso dal momento d'estasi bucolica, il fischio che mi era entrato nell'orecchio mi pareva quello di un rapace in picchiata verso i due poveri volatili. Preoccupato per la loro sorte mi sono voltato per vedere quello che stava accadendo e in quel mentre vedo scendere veloce un sasso di dimensioni notevoli, lo seguo con lo sguardo fino al suo schianto sulla sottostante cengia, una quarantina di metri sotto di me, più o meno dove passava il traverso percorso da Matteo.
Ora, non me ne vogliano i volatili, ma avrei preferito vedere un bel rapace cattivo prendersela con i simpatici uccelletti.

L'attacco del sesto tiro

Giunto in sosta il socio mi propone di fare io il sesto tiro, in modo da poter tirare l'ultimo e godermi l'uscita in cresta.
Parto e mi godo il facile diedrino sino a che non sbuco sulla grande cengia mediana che invece prendo ad odiare con rabbia feroce. Piena di detriti, sassi pericolanti, e in pieno sole, con aria ferma, assomiglia più ad una graticola che a una parete da arrampicare, anche se l'incombente parete alla mia sinistra appare invitante per fini arrampicatori.


Il settimo tiro è più da camminare che da scalare, fino ad un breve tratto leggermente più verticale. Giungo così anche io alla sosta sotto l'ultimo tiro che offre due possibilità: una canale sulla destra o un diedro "più difficile" sulla sinistra, come recita una placchetta posta sopra la sosta.



Vado e rapidamente lo scalo. Questo tiro sarebbe stato bello da fare con protezioni veloci: la fessura sul fondo del diedrino offre tantissime possibilità di protezione e forse la spittatura toglie tanta bellezza ad un tiro tranquillo che invece si sarebbe rivelato stupendo dovendolo proteggere.

Dall'uscita percorriamo la cresta in conserva per non dover rifar su le corde subito, ma il percorso è facile, ben segnalato e si può fare tranquillamente con le scarpe.
Si arriva così alla sella da cui a destra inizia il sentiero, segnalato da ometti, che conduce fino alla strada.
Ah, non fate come noi, seguiteli gli ometti!


Accesso

Dalla E45 conviene uscire a Città di Castello e proseguire in direzione Apecchio lungo la strada statale Apecchiese, si supera Piobbico e dopo poco, nei pressi di una cava, dopo un ponte si parcheggia sulla destra. Il sentiero è ben visibile guardando Balza della Penna sulla sinistra sul lato opposto della carreggiata.

Materiale

Caschetto, imbrago, scarpette, corda singola (min. 70m per le doppie) oppure mezze corde, 15 rinvii, discensore/assicuratore, qualche fettuccia per allungare le protezioni ed eventualmente per l'artificiale del quinto tiro.

Relazione

L1 - IV+ - 25m
Si attacca la paretina in verticale seguendo le protezioni sulla destra in corrispondenza della targhetta (vari spit, sosta attrezzata)

L2 - IV - 25m
Si sale la prima placchetta, poi in traverso deciso verso sinistra senza alzarsi troppo, seguendo le protezioni, fino a rimontare in verticale alla sosta (vari spit, sosta attrezzata)

L3 - V - 25m
Si attacca la placchetta con qualche passo più difficile fino a giungere in sosta su terreno più facile (vari spit, sosta attrezzata)

L4 - III - 25m
Traverso deciso verso sinistra, tenendosi non troppo alti su terreno facile (vari spit, sosta attrezzata)

L5 - V/A0 (6b) - 25m
Si scala il tecnico diedro fin quasi sotto l'evidente tetto, con due tratti duri, verso il sesto, settimo spit e poi dopo un tratto leggermente appoggiato circa a metà diedro. Si traversa a sinistra delicatamente, si rimonta in verticale e si percorre un secondo diedro fino alla sosta nei pressi di un albero (vari spit, sosta attrezzata) 

L6 - IV - 25m
Si percorre il diedro facendo attenzione alle rocce instabili sulla sinistra, poi si trversa leggermente a sinistra senza tirare giù robaal compagno e si rimonta sulla cengia di metà parete (vari spit, sosta attrezzata)
 
L7 - III - 50m
Dalla sosta si percorre la facile e detritica cengia (occhio se ci sono altre cordate sotto) fino ad un breve diedro un poco più difficle (vari spit, sosta attrezzata) 


L8 - V - 15m
Diedro fessurato fino in cresta (vari spit, sosta attrezzata) 

Discesa

Si percorre la cresta verso sinistra rispetto alla direzione di scalata dell'ultimo tiro fino ad una sella erbosa. Da lì si percorre il sentiero segnalato da ometti ponendo attenzione alle deviazioni, fino a giungere ad un bivio in corrispondenza del sentiero percorso all'andata.

 

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