lunedì 17 agosto 2015

Recensione - Roraima (Jaeger des Augenblicks)

Stefan Glowacz e Kurt Albert sono due leggende dell'arrampicata e dell'alpinismo, insieme con loro l'alpinista e base-jumper Holger Heuber, in un'avventura eccezionale, impegnativa, in un luogo difficile, pericoloso, remoto, ma stupendo: il tepui Roraima, al confine tra Venezuela, Guyana e Brasile.

Il film racconta della prima e seconda spedizione di Glowacz e compagni al Roraima con l'intenzione di aprire una nuova via nei pressi della Prua, il meraviglioso spigolo che si alza per centinaia di metri dalla giungla sottostante.
Particolare e coraggiosa la scelta di avvicinarsi alla parete per la via più lunga con una lunga risalita per il fiume in barca e diversi giorni a piedi, qualcosa che una spedizione con una troupe al seguito potrebbe evitare, avendo a disposizione mezzi e risorse.
Un trekking difficile, in una giungla vergine, intricata, con l'ulteriore diffcioltà costituita dal superamento dello zoccolo basale del tepui.
Poi la via, il tempo incerto, i dubbi, le frustrazioni. Tutto inframezzato dai cenni biografici di due eccezionali atleti, uno precursore di ciò che è venuto dopo (Kurt Albert è l'inventore del concetto di rotpunkt) e l'altro star mondiale dell'arrampicata (Glowacz vinse il primo Sportroccia a Bardonecchia nel 1985 che poi, nel tempo, si è trasformato nell'attuale Rock Master).
Un'avventura che si interrompe per l'impossibilità di chiudere la via, con l'intenzione di tornare e finire ciò che avevano iniziato.
Ma tra la spedizione appena conclusa e la successiva la terribile morte di Kurt Albert, uno stupido incidente, una disattenzione, forse una leggerezza, e un grande arrampicatore e alpinista se ne va per sempre.
Glowacz e Heuber però tornano e con grande tenacia e determinazione finiscono la linea, anche in onore di Albert. 
La chiamano "Behind the Rainbow" 16 tiri, difficoltà fino all'8b.
Forse, narrativamente, il film si sarebbe potuto concludere con le immagini del loro ritorno al pianoro sommitale del Roraima. Sarebbe stato coerente con il racconto della morte di Kurt Albert, con il senso della prima spedizione, con i dubbi in merito alla seconda,con la sofferenza provata dalla scomparsa dell'amico.
Il film continua e ci regala venticinque minuti di roccia strapiombante, diffcioltà estreme e voli continui, imnmagini stupende e affascinanti della natura che il mondo offre, della possibilità di avventura e impegno che ancora si possono trovare per chi le desidera, le cerca, le affronta.

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