La placca del quarto tiro appena scalata
Prati di Tivo ci accoglie in maniera dimessa in questo venerdì (19 Luglio per la precisione). Le previsioni danno qualche possibile temporale nel pomeriggio, ma noi contiamo di essere perlomeno a fare le doppie lungo Attenti alle Clessidre.
Prendiamo la cabinovia e ce ne andiamo di buon passo lungo il Ventricini fino ad arrivare di fronte alla parete Nord della seconda spalla e prendiamo a salire in obliquo verso sinistra lungo la crestina che contorna la comba detritica sottostante.
Saliamo facili rocce in direzione dell'evidente e inconfondibile pilastro giallo che dobbiamo aggirare a destra per entrare nel canale percorso dalla Fantoni-Modena.
Superato un ultimo saltino verticale e ci ritroviamo su un terrazzino dal quale partiremo per la nostra avventura verticale.
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Il pilastro giallo e il canale alla sua destra da risalire per una decina di metri |
Michele attacca il primo tiro lungo il diedro fessurato e velocemente arriva al tettino soprastante per poi sparirmi dalla vista. Siamo all'ombra e in questi giorni di canicola stare con addosso un pile tecnico e avere anche un po' fresco è veramente piacevole: più avanti le condizioni meteo diverranno decisamente sfavorevoli ma ancora siamo a goderci ambiente e situazione.
Il secondo tiro parte dalla sosta per affrontare la placca al centro, ma non vedo chiodi e mi sposto a sinistra verso una netta fenditura che prendo a salire. Solo dopo un due, tre metri individuo il chiodo ma ormai sono troppo a sinistra e allora continuo dove sono, su roccia non irresistibile per poi rientrare fino ad arrivare all'evidente sosta sotto una pancia che forma uno strapiombino.
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L'attacco del terzo tiro |
La roccia non mi pare molto solida e l'attacco del terzo tiro che percorrerà Michele me lo conferma. Nel frattempo il cielo comincia ad annuvolarsi e si profila qualche pensiero poco incoraggiante, ma ormai siamo a metà parete, perchè nel frattempo Michele se ne è andato, e dobbiamo valutare che fare.
Quando giungo sul cengione di metà parete il cielo si è fatto plumbeo, è mezzogiorno, osservo la bella placconata che si erge bella verticale e considero che sono solo 25 metri, poi da lì la faccenda è facile: cazzo, siamo venuti per questo tiro, andarsene per la Virgola adesso sarebbe veramente fastidioso!
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La placca del quarto tiro |
Mi sbrigo e attacco il tiro. La partenza è piuttosto impegnativa, non ci sono molti appigli e anche per i piedi c'è da cercare bene scagliette e appoggi minimi, nel frattempo qualche spruzzata di pioggia comincia ad arrivare, ma ormai abbiamo deciso, io sono in viaggio in mezzo a questa roccia meravigliosa e, non senza tentennamenti proseguo.
Oltre il primo chiodo le difficoltà sono minori, si trovano buone prese, le protezioni non sono esattamente fix inox ma (e ve lo posso assicurare) fanno la loro funzione.
E' ormai quando sono in prossimità di un passaggio più duro che comincia a grandinare. Alzo gli occhi e una roba finissima ai limiti del nevischio mi atterra negli occhi: e adesso?
Beh, non c'è molto da ragionare, sono più vicino alla sosta sopra di quanto non sia a quella sotto, ma il tempo di dirsi queste cose e da grandine la precipitazione diventa acqua abbastanza fitta da cominciare a bagnare la placca.
Le foto non rendono giustizia ma gli appigli diventano scivolosi e nel passaggio alto mi tocca appendermi, cercare con la pioggerellina negli occhi e poi cercare in qualche modo di azzerare il passaggio.
In realtà più che azzerare si tratta di raggiungere qualche appiglio più in alto, sperando di non scivolare con i piedi e volare su uno spit vecchio di trentanni o poco meno.
La pioggia va e viene a sprazzi, ma quando arriva è tipo doccia e così, cercando appigli buoni, piedi saldi e tirando con delicatezza qualche chiodo giungo sotto il terrazzino della sosta. Mi sposto verso sinistra dove una lama di roccia un po' rotta offre un buon appoggio per il piede. La roccia è veramente marcia, però, e così, mentre afferro di spallata la lama, questa si stacca e mi atterra sul piede sinistro. Il blocco è grosso e per un momento vedo letteralmente nero.
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Al centro, dove si vede la lama staccata e la roccia gialla, c'era il blocco poi caduto |
Il dolore è intenso e il blocco rimane sopra il mio piede. Penso che me lo abbia maciullato, strillo a Michele di scansarsi e nel farlo mi tira verso destra con le corde, gli urlo di non tirare, cerco di rimanere alla presa che ho sulla mano destra: se volo mi rimane il piede sotto e chissà che succede.
Gli urlo di scansarsi che butto giù il blocco e con uno sforzo e dolore faccio leva sula blocco che mi ruota sul dito e poi cade.
Vedo le stelle e poi sento lo schianto.
Chiamo Michele che mi risponde.
Sento prima il dito che pulsa, poi il dolore, la pioggia. Mi sbrigo ad uscire e con un ultimo passaggio sono sul terrazzino e attrezzo la sosta.
Michele è incolume, prende a salire. Io sento come va il piede e mi rendo conto che forse potrei aver rotto il dito (l'illice per la precisione, e pensare che non sapevo neanche che avesse un nome specifico). Apro la scarpetta per vedere in che condizioni è, poi la rimetto velocemente: se è rotto e si gonfia sarebbe un bel problema.
Mi tranquillizzo un po', Michele sale, la pioggia sembra essere passata, siamo vivi, praticamente illesi. Lusso. Anzi, gran lusso.
Giunto in sosta decidiamo di uscire, ci manca un tiro di IV e poi le placche finali. Piuttosto che inventarci delle doppie su soste da rinforzare e con probabile incastro meglio uscire e scendere come avevamo programmato.
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L'attacco del quinto tiro |
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Sosta di L5 e partenza di L6 |
Nonostante il dolore riesco a salire anche se non proprio velocemente e recupero il socio che non si fa attendere. Purtroppo ho perso tempo a rinforzare la sosta e per quanto Michele sia svelto mentre arrampica il sesto tiro ci prende a piovere bene bene. Mi sbrigo a salire ma c'è poco da fare ormai siamo bagnati.
Dalla sua sosta, sotto le facili placche appoggiate che portano in vetta, vengono giù ruscelli d'acqua. I rivoli che incidono la roccia rivelano le proprie origini, ovvero erosione da scorrimento, le buchette che tanto ci sono care l'essere delle acquasantiere.
I piedi sono fradici, entra acqua nelle maniche del guscio. Mi sbrigo a salire, cercando all'inizio di porre attenzione a non scivolare, poi mi rendo conto che le scarpette tengono comunque e quindi mi sbrigo.
Piazzo un paio di protezioni prevedendo di far partire il socio in conserva e così facciamo.
Gli ultimi cento metri li percorriamo sotto una pioggia battente, fredda e in mezzo alle nubi. Quando arrivo in cima, dove individuo la sosta di calata, iniziamo a sentire i tuoni.
Per due minuti, mentre rifacciamo su il materiale, infiliamo tutta la ferramenta inutile negli zaini valutiamo se scendere per la normale o rischiarci le doppie. Optiamo per queste ultime.
Le placche dove passa Attenti alle Clessidre dopo la pioggia
Mentre mi calo lungo la prima doppia smette di piovere. Ringrazio mio padre che 'sto giro deve averci messo una pezza da lassù e ce ne andiamo a prendere una birra.
Accesso
Dalla Madonnina percorrere il Ventricini fino a giungere in vista della parete nord della Seconda Spalla. Da lì, invece di entrare nella sottostante comba rocciosa, piegare verso sinistra lungo la crestina e dirigersi verso la parete della Prima Spalla. Giunti sotto la verticale per facili rocce puntare all'evidente pilastro giallo quasi al centro e aggirarlo sulla destra fino ad arrivare, dopo un facile saltino sotto un diedro fessurato interrotto in alto da un tettino (in verde in foto).
Materiale
nda, in particolare fettucce e cordini, un set di friend medio-grandi, 10-12 rinvii per il quarto tiro, consigliati i tricam
Relazione
L1 - 50m - IV+
Si sale il diedrino (ch. a metà) poi giunti al tettino lo si aggira a destra, poi di nuovo in verticale fino a superare una sporgenza. Arrivati in prossimità di una placca si sosta a sinistra (2 ch., sosta su ch. e cless.)
L2 - 50m - V+
Prima a sinistra leggermente poi si guadagna il centro placca con passi delicati fino ad un chiodo (alternativamente a sinistra lungo una fessura di roccia non eccellente per abbandonarla dopo una decina di metri verso destra per rimontare in placca). Si prosegue in placca fino ad una sosta sotto un evidente strapiombino di roccia marcia (3 ch., sosta su ch. e cless.)
L3 - 45m - IV+
Si supera delicatamente ma facilmente lo strapiombo e si segue l'evidente canalino-fessura per aggirare un tettino a destra e giungere così alla cengia mediana dove si sosta sotto l'evidente colata nera (sosta su 2 ch.)
L4 - 25m - VI+
Con passo delicato si sale al primo chiodo, lo si supera e poi più facilmente seguendo le protezioni. Da una fessura erbosa si piega leggermente a sinistra e poi si giunge ad un passaggio più impegnativo per poi con un ultimo passo delicato giungere alla sosta (9 ch. e spit, 1 cl., sosta su 1 spit e 1 ch.)
L5 - 35m - IV+
Dritti lungo il diedro poi più facilmente lungo una placca fino ad una sosta (sosta su cless. integrabile)
L6 - 50m - IV-
Si prosegue lungo la placca in verticale fino a giungere sotto una seconda placconata che parte da una pancia nei pressi di una fenditura sulla sinistra (sosta su cless.)
L7-L8 - 100m - III e II
Si prosegue su facili placche per giungere su terreno molto facile. Si obliqua verso sinistra fino ad una sosta attrezzata per la calata (sosta su 2 spit e catena)
Discesa
Con alcune doppie per soste attrezzate lungo la via Attenti alle Clessidre. La prima doppia si fa partendo dall'ancoraggio dell'ultimo tiro obliquando decisamente verso destra (faccia a monte ) in corrispondenza di una cengia (a sinistra sono visibili dei cordoni ma non farsi ingannare). La sosta della seconda calata si trova un sei-sette metri a destra della verticale.
Con quattro calate si è all'attacco della placca e con una quinta si è alla base delle pareti, da dove, per facili roccette e prati, tendendo verso destra faccia a monte, si va a riprendere la crestina o si entra nella comba rocciosa sotto la seconda spalla.
Alternativamente a piedi per il versante SO (via normale da S) che porta sotto la Sella dei Due Corni, o ancora per il versante N (Canale di Mezzo o Canale Sivitilli) fino al Sentiero Ventricini, o ancora per la Ferrata Danesi (risalendo alla Cima del Corno Piccolo) che conduce alla Sella dei Due Corni.
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