lunedì 5 agosto 2019

Corno Piccolo - Marco Florio - 190m - IV

Battesimo montano per Andrea che decide di seguirmi sulle rocce del Corno Piccolo. Scelgo questa facile via che esce sulla cresta nord-est e che offre un'arrampicata mai esposta, anzi, quasi sempre incassata in camini, facile ma non banale, di stampo decisamente classico e inusuale.
La prima volta non si scorda mai...guardate la faccia del socio alla fine della giornata.

Salendo i prati verso l'attacco

Andrea si sveglia alle 5 per venirmi a prendere e poi farmi guidare fino ai Prati di Tivo: la motivazione c'è. C'è anche la voglia di imparare e parecchia incoscienza su ciò che lo aspetta. D'altronde è un falesista puro e provare a sdirazzarlo è un dovere morale.
Giungiamo al parcheggione dei Prati invaso da orde di auto e persone come mai ne avevo viste. Caffè, passaggio al bagno, biglietto e si è in poco alla Madonnina. Il nostro avvicinamento è minimale: percorso un breve tratto del Ventricini addrizziamo la salita sulla verticale del nostro attacco e verso le dieci siamo ad armarci della ferraglia necessaria alla salita.
Come al solito le relazioni sono discordi sulla distribuzione dei tiri e anche su quale sia "la fessura di sinistra" da andare a percorrere.
Attacco la rampa in comune con V.V.R. (percorsa qualche anno fa con Simone) e giunto sotto una bella fessura dopo una quindicina, forse venti metri, faccio sosta.



La fessura-camino del nostro secondo tiro
Alla vista della sosta Andrea strabuzza un po' gli occhi, abituato ai fix inox e le catene con moschettone di calata, ma non si scompone più di tanto e si mette buono e tranquillo a farmi sicura sul secondo tiro che percorre una fessurona, quasi un caminetto, che obbliga qualche contorsione, fastidiosa con lo zaino e mi deposita su un terrazzino di roccia liscia dove trovo una bella sosta pronta.
Beh, poco male, la sorpasso e proseguo nella fessura fino a giungere ad un'altra sosta su due vecchi chiodi che rinforzo con un BD3.


Tengo a precisare che il cordino nei chiodi non è il mio...

La partenza di L3
La sosta è veramente scomoda. Siamo appollaiati su un terrazzino minimale e incastrati dentro al fessurone. Quando Andrea arriva, abbastanza affannato, mi sposto il più possibile per fargli spazio e cercare di farlo mettere comodo: stare appeso 50 metri da terra, su una sosta di cui non ti fidi molto, in una posizione scomoda non è certo il massimo.
E, malignamente, mi sarei aspettato qualche protesta o cose del genere. E, invece, il ragazzo, non fa una piega, se non si considera l'espressione della faccia che racconta ben altro.
Parto velocemente e lo abbandono al suo destino e continuo la salita fino ad una parte un po' aggettante. Da lì mi accorgo di un'altro fessurone che sta a sinistra e che riesco a guadagnare uscendo con un paio di passi verso sinistra.
Proseguo più facilmente fino ad arrivare ad una grossa nicchia su un bel terrazzo sotto il camino che va affrontato in opposizione.


Sosta da rinforzare. Dietro il camino da salire
Il socio arriva alla comodissima sosta
Dopo una breve pausa per far riprendere fiato al povero e ignaro disgraziato che non avrebbe potuto immaginare cosa significa "arrampicare in montagna", parto per quello che sulla carta è il tiro chiave della giornata.
Entro nel grande camino sfruttando la parete di destra e salendo su buone e abbondanti prese mi incuneo fino a trovarmi praticamente incastrato.
Cercando posizioni del corpo assolutamente non naturali, contorcendomi e sbuffando come un proverbiale mantice, e non lesinando dei "che posto di merda!" esco dal buco. Non posso fare ameno di pensare, mentre ritorno al mondo verticale, ma immerso nella luce e alla fresca brezza del cielo aperto, di pensare a che problema hanno gli speleologi nel voler entrare in luoghi in cui non si può che voler uscire.

Mentre ripenso alle fatiche del nascituro che esce dal ventre materno, e non lesinando dei "che atomico posto di merda!", mi butto su una bella rampetta a destra senza rendermi conto che non potrò riguadagnare la fessura che invece prosegue su dritta.
Dopo qualche poco convinto tentativo esco verso destra dove trovo una sosta con spit artigianali/antichi/arrugginiti e una bella placchetta che la sovrasta.
Vedo delle fettucce marce e un chiodo alla sinistra della sosta.
Beh, che fare se non arrampicare per qualche metro la bella e non scontatissima paretina?
Salgo al chiodo con un passetto un poco più delicato e poi traverso lievemente a destra alle clessidre che ripasso con miei cordini per poi uscire sopra e traversare decisamente a sinistra per facili rocce fino all'attacco dei canali che ci condurranno, con un paio di tiri fino in cresta.


L'attacco del canale che con cento metri di facile progressione ci depositerà in cresta

Il socio esce dalla placchetta


L'errore ci ha permesso di fare una facile ed interessante variante che aggira altri metri in fessura, alla fine, stancanti e non esaltanti.
Il prosieguo è quasi banale, per canale incassato, mai difficile, facilmente proteggibile. Solo qualche dubbio sulla posizione in cui siamo mi prende a causa di una fastidiosa nebbia che si alza improvvisamente: vorrei piegare a destra il più possibile per arrivare più vicino al secondo salto della cresta.


A naso cerco di piegare a destra e alla fine mi ritrovo più o meno dove mi aspettavo di uscire. Sono in cresta e la notizia al mio socio piace assai.



Il piacere, però, gli dura poco. Adesso ci aspetta di percorrere la cresta al contrario per andare a prendere le nascoste doppie che ci permetteranno di scendere a terra.
Quando spiego ad Andrea cosa dobbiamo fare la faccia cambia un po' espressione. Lo lego e lo assicuro un po' nel percorrere il facile ma esposto traverso che aggira il gendarme del secondo salto e poi lo tengo assicurato mentre scende verso il terrazzo da cui, aggirando un sassone, si giunge alla prima doppia.

Mentre scendiamo vedo Pino Calandrella che esce in sosta dalla via che ha percorso. Ci salutiamo e decidiamo di fare le doppie assieme.
Senza entrare in particolari dico solo che la discesa di Andrea, che ho calato per sicurezza, mi è costata le birre a Pino e Stefano!!!


Ecco la faccia del socio dopo la "prima volta"
Non so dire quanto abbia goduto dell'esperienza e cosa si sia riportato a casa, ma la faccia che ha fatto quando è arrivato sul sentiero orizzontale obbligava necessariamente ad essere immortalata.
Gran terzo tempo con Pino e socio e poi via di corsa perchè la discesa è durata veramente tanto...

Itinerario non eccezionale, ma facile e non scontato, arrampicata desueta e necessità di attrezzare o rinforzare i punti di sosta ne fanno un buon banco di prova per chi deve provarsi. Didattica.



Materiale

nda,  un set di friend (anche di misure grandi, n. 3 camalot), qualche dado, due mezze corde. Utili ma non indispensabili chiodi e martello.

Relazione 

L1 - III+ - 15m
Si sale lungo il canale che sale da destra verso sinistra e si sosta sotto la fessura che incide profondamente la parete sulla destra (1 ch. sosta da attrezzare)

L2 - IV- - 30m 
Si affronta la fessura camino che dopo una strettoia deposita su un terrazzino a sinistra (dove si trova una sosta). Si prosegue nella fessura camino e, dopo pochi metri si giunge ad un piccolo terrazzino dove si fa sosta (sosta su 2 ch.)

L3 - IV - 25m 
Si prosegue lungo la fessura camino fino ad approdare alla grande nicchia sotto il largo camino del quarto tiro (1 ch., sosta su masso volendo da rinforzare)

L4 - IV - 30m 
Si entra nel largo camino, dopo una strettoia si prosegue in verticale per la fessura (sosta da attrezzare). 
Noi, usciti dal camino abbiamo percorso un'interessante variante su placca a destra: usciti dalla strettoia si prende il lato destro per una facile rampa per approdare ad un terrazzino con una sosta. Si sale alla sua sinistra ad un chiodo e poi, obliquando lievemente a destra si scala la parete verso delle clessidre con sempre minori difficoltà (IV+/V-). Si esce su facili rocce e si piega decisamente a sinistra fino a giungere sotto un canale dove si fa sosta (1 ch., 2 cl., sosta da attrezzare)

L5 - III - 50m
Si percorre il facile camino fino ad una biforcazione (sosta da attrezzare)

L6 - III - 40m
Si continua nel canale fino ad uscire facilmente in cresta poco dopo il secondo salto della cresta NE (sosta da attrezzare)



tratteggiato l'itinerario originale come presente sugli aggiornamenti della guida CAI-TCI. Nella guida del Ledda e di Versante Sud la fessura dei tiri iniziale coincide con quella da noi percorsa


Discesa

Dalla cresta si procede verso la sinistra di salita in leggera discesa verso il secondo salto della cresta NE. Arrivati in corrispondenza di uno spallone lo si aggira a sinistra sul filo di una cengia che taglia circolarmente la spalla fino a trovare la catena su fix con l'anello di calata.
Ci si cala in doppia fino ad un terrazzo erboso. Da lì guardando sulla sinistra (con alle spalle la cresta) ci si dirige verso un canale erboso incassato in una spaccatura. Lo si guadagna scendendo dentro con un passaggio di II. Lo si percorre tutto seguendo la curva che piega verso destra fino ad arrivare in corrispondenza di un forcellino sulla destra che si arrampica facilmente. Lo si scavalca e si continua a scendere per via intuitiva sul lato opposto, tenendo la sinistra. Dopo poco si incrociano tracce di sentiero che portano poi a quello che conduce al Franchetti. Si prosegue fino alla Madonnina.

Alternativamente si può, dopo aver superato la spaccatura e guadagnato il bordo opposto salire un pochino e calarsi in doppia da un ancoraggio che guarda verso sud.

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