Discreto racconto della spedizione tirolese del 1972, in cui il grande alpinista insieme ad altri compagni riesce a salire l'ottomila per l'inviolato versante sud-ovest.
Ad una prima parte decisamente "documentaristica" in cui Messner descrive la vita della spedizione, i momenti di ozio, le giornate in tenda, la ricerca e la progressione lungo la via scelta, ne segue un'altra drammatica e mortale che narra l'esperienza vissuta nella tempesta ad alta quota e i momenti difficilissimi avuti durante e dopo esserne sopravissuto.
Se la prima parte può essere interessante per scoprire come era 40 anni fa una spedizione himalayana, scade nel già letto con estrema facilità e non per colpa dello scrittore, ma perchè le spedizioni, evidentemente, sono quasi tutte molto simili sotto tale aspetto.
Nonostante questo si fa leggere molto bene e scorre. Tra l'altro trasmette un senso di calma, proprio di "quiete prima della tempesta", che si abbatterà sugli alpinisti provoncandone la morte.
Il racconto della tempesta, della presenza continua della morte, della possibilità di perdersi è ben tessuto, in qualche modo avvincente anche se non direi proprio appassionante.
Però si riesce a comprendere, limitatamente, ovvio, quale condizione abbia affrontato, che prova si sia trovato di fronte Messner, e, anche questo ovvio, non ci si può non stupire.
Manca, purtroppo, un pizzico di capacità empatica per permettere a chi legge di fare contatto con i sentimenti che ha provato nel sapere i compagni perduti, nel realizzare di essere sopravvissuto a ciò che ha dato la morte ad altri, non si tocca veramente il dolore della tragedia del titolo.
Forse a un grande alpinista non si può chiedere di essere anche un grande scrittore.
Libro che rimane comunque una discreta lettura, nel complesso piacevole. Senza infamia e senza lode.
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