lunedì 10 giugno 2013

Pizzo d'Intermesoli - Sindarin - 230m - V

Sono ormai le 22.30 quando rientro a casa e ripenso alla lunga giornata appena trascorsa all'Intermesoli con Luca. Non sono stanco o assonnato, un po' rigido per aver guidato per oltre due ore dai Prati di Tivo e non vedo l'ora di mangiare qualcosa di decente.
L'incomparabile vista dalla sosta finale di Sindarin
Arrivo ai Prati alle 7.30, in perfetto orario, e senza porre indugi in mezzo ci spostiamo in auto di fronte alla sbarra che chiude il sentiero che conduce in Val Maone. Mangio al volo tre biscotti ed un succo di frutta, non ho molta fame e questo sarà tutto quello che il mio corpo riceverà fino al ritorno a valle.

Percorriamo il comodo sentiero con passo calmo, non abbiamo fretta anche se non ci attardiamo più del necessario. Tanto che, dopo esser passati sotto le Strutture, il primo ed il secondo pilastro, alle 9,30 siamo pronti di tutto punto per attaccare la via.
Saliamo con passaggi di I e II lo zoccolo al di sotto del diedro che sotituisce il primo tiro, fino all'attacco vero e proprio ben evidente e protetto con una sosta su cordone, ben visibile anche dal basso. Il diedro è inconfondibile e questo mi tranquillizza: sbagliare l'attacco sarebbe facile, il pilastro è molto articolato e da sotto mette decisamente impressione.
In fondo è la prima uscita dell'anno in montagna e siamo veramente isolati. Ci sono nevai ancora importanti che solcano i canali e gli avvallamenti. Nonostante l'esposizione la parete sud del terzo pilastro è percorsa da un lungo nevaio che risale fin dentro al canale Jacobucci.

La linea che sale da destra verso sinistra e lo spigolo del diedro percorso dal primo tiro della via
Luca parte per il primo tiro, una lunga rampa-diedro di V che giunge ad una sosta scomoda sotto ad un evidente tettino. Arrampica con calma e precisione e protegge bene, in alcuni punti non so come abbia fatto a farlo tanto mi trovavo scomodo, ma sono un diesel e il primo tiro per me è sempre drammatico: mi sono sentito abbastanza bradipo.
Il tettino d'attacco del secondo è una bella sveglia (passo di V). Prese buone, decisamente atletico, non difficile, lo supero senza grandi affanni, anche se, sinceramente, a vederlo mi aveva messo ansia. D'altronde non era protetto e volare direttamente sulla sosta non era certo tra i miei programmi. Passo e proseguo prima verso sinistra e poi verso destra, seguendo un sistema di cenge e rampe erbose al termine delle quali trovo una fantastica sosta, comoda e riparata.

Il caldo si fa sentire. Il sole picchia abbastanza, brucia particolarmente sul collo, c'è un fantastico silenzio interrotto solo dalle nostre voci e dall'occasionale caduta di pietre dalla parete di fronte alla nostra, sulla sinistra dello Jacobucci.
Luca arriva lesto e ugualmente riparte.
Il tiro è un bel quarto e così quello successivo, facile e ben proteggibile sulla fessurina che lo caratterizza, così come il quarto tiro che piega a sinistra ma si fa percorrere bene. La sosta non è di immediata individuazione, trovandosi sulla sinistra: un bel malloppo di cordini in una clessidra enorme.
Lì per lì mi sono chiesto perchè metterla in quella posizione, ma per le doppie si è rivelata poi fondamentale perchè permette di arrivare facilmente a S3.

Sosta S4, piuttosto esposta e scomoda sotto una specie di piccolo sperone
Luca attacca il quinto tiro protetto all'inizio da un chiodo con cordino, risale facilmenete la placconata lungo una fessurina e dopo un po' sparisce alla vista. Intanto la nebbia ha cominciato ad alzarsi e dei nuvoloni si addensano sopra la valle camminando veloci sopra di noi.
Tocca a me e quando arrivo in sosta mi si presenta di fronte una bellissima placca a buchi che mi aspetta a braccia aperte. Mi carico tutta la ferraglia del caso e mi ci avvicino rispettoso ma deciso.
Arrampico con calma e senza fretta, sfruttando i bei appigli che offre la roccia, andando in opposizione e facendo anche diversi facili passi d'aderenza. La roccia è compattissima ed offre una tenuta spettacolare. Mi diverto, cerco dove proteggere e mi innamoro dei micro-friends che Luca ha portato.
Sono le 13.30 quando anche Luca si alloggia in sosta. Cominciamo tutta la trafila delle doppie. Dopo diverse considerazioni decidiamo di ridiscendere lungo Sindarin per non rischiare di sbagliarci. La nebbia va e viene e cercare, magari invano, le soste spittate della Banda dei Miracoli, ci sembra un'inutile perdita di tempo.

La Val Maone vista dal III Pilastro

Per evitare che il lancio delle corde vada a finire chissà dove mi faccio calare. La via è piuttosto articolata e non conviene sfidare la fortuna. Infatti anche così, mentre la recuperiamo, alla fine della seconda calata la corda si incastra: proviamo a tirare prima un ramo e poi l'altro, a disincagliarli a forza di braccia, a frustarli, ma nulla, non vengono via.
Il grandissimo Luca si immola per la causa e risale lungo le corde con due autobloccanti. Disincaglia i rami del nodo galleggiante (!) che si erano incastrati in una fenditura e riprendiamo la discesa.
Non è facile orientarsi andando in giù, ma dopo sei doppie siamo finalmente alla base del pilastro e di lì, dopo la foto di rito di fine giornata, si rientra di corsa ai Prati di Tivo.
Solo alle 20.00 risalgo in auto e parto diretto a casa. Stanco, ma non troppo, e soddisfatto della splendida giornata di montagna appena trascorsa.

Accesso

Giunti ai Prati di Tivo si percorre la strada che va verso destra fino a raggiungere una sbarra verde che blocca l'accesso ad un bel sentiero. Si parcheggia e si percorre il sentiero entrando così in Val Maone. Per arrivare al Terzo Pilastro occorre superare i due boschetti e tenendo d'occhio le pareti sulla destra superare il primo canale (Herron-Franchetti) e prima di superare anche il secondo (Jacobucci) risalire i ghiaioni basali fino ad entrare parzialmente dentro il canale. La via è ben evidente per il regolare diedro su cui sviluppa il primo tiro.

Materiale

nda, utili friend piccoli e medi, diverse fettucce e cordini per allungare le protezioni, qualche chiodo e martello, eventualmente qualche cordino per rinforzare le soste.

Relazione

L1 - V - 40m
Si risale lo zoccolo erboso su facili roccette e si fa sosta di partenza all'inizio del diedro su cordone ben evidente. Si percorre tutto il diedro fino alla sosta sotto un tettino strapiombante (1 ch., sosta attrezzata)

L2 - V - 30m
Si supera il tetto con passo atletico (protezione incastrata con fettuccia bianca), si prosegue verso sinistra e poi si obliqua a destra dove si sosta comodamente su una terrazza erbosa sotto ad una bella placconata grigia (1 prot. incastrata, sosta attrezzata 2 ch.)

L3 - IV - 40m
Ci si sposta a destra e si affronta la placconata lungo una spaccatura che corre verso sinistra, si supera una fessura ed una placca dopo le quali si sosta (sosta attrezzata)

L4 - IV - 30m
Si sale deviando leggermente a sinistra, poi si percorre una rampa erbosa fin alla sosta posta in basso sotto una specie di sperone roccioso, con alla destra una placchetta protetta in basso da un chiodo (sosta attrezzata su clessidra)

L5 - IV - 40m
Si supera la placca si continua sempre leggermente a sinistra, si prosegue lungo uno spigolo e si sosta alla fine su una terrazza erbosa sulla sinistra, sotto a delle placche grigie (sosta attrezzata su chiodi)

L6 - V - 40m
Si affronta la placconata grigia tenendosi sullo spigolo destro fino ad uscire su una terrazza erbosa che si percorre, superando una specie di sosta con fix e cordino fino ad uno sperone roccioso sotto il filo di cresta che conduce verso un torrione compatto più in alto. Si sosta sullo sperone (sosta attrezzata su cordoni)

1 commento:

  1. ebbravo bruno ti stai divertendo questo periodo eh? ;)
    io su questa via al 6 tiro sotto uno spigolo ci lasciai un chiodo....non riuscii a tirarlo fuori... :)

    Marek

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