lunedì 9 novembre 2015

Balza della Penna - Uscita di sicurezza - tentativo

Premessa: abbiamo evitato gli ultimi due tiri, di cui, il penultimo, sulla placconata terminale della Balza. Dalla S3 ci siamo calati. Quindi il giudizio è, ovviamente, parziale. La scelta di ritirarsi, però, dipende anche dal fatto che la via non mi è piaciuta.
Naturalmente ognuno ha i suoi gusti.

La placca terminale dove corrono numerosi itinerari
Da più di una persona avevo sentito parlare di questa via. Dipinta come bella e sicuramente da fare, al primo week-end libero da impegni pomeridiani mi sono messo d'accordo con il socio Matteo. Partenza ore 6.00 e alle 8.15 (compresa pausa caffè) siamo al gelido ed umidissimo parcheggio di fronte all'inizio del sentiero che porta sotto le pareti.
Ci copriamo un po', facciamo su lo zaino e le corde e ci inerpichiamo per il sentiero che in breve ci conduce alla base della via (indicata da un paio di sibilline targhette...)





Nelle relazioni che mi sono letto la via necessita solo di rinvii, un paio di fettucce per il secondo tiro da fare in artificiale (o in libera se riuscite a masticare il 6c+, così si dice in giro). Mi appendo un paio di friend tanto per fare figo e parto.
L'attacco è di roccia pessima e corre lungo una lama staccata che appare decisamente insicura. Salgo cautamente, un po' intimidito dalla qualità della roccia che, in un paio di casi, mi rimane in mano.

L'apparenza inganna

L'attacco dall'alto
Con qualche passetto un pochino più difficile raggiungo e supero una pancia ben ammanigliata. Per fortuna tutto tiene.
Sopra il passaggio la roccia torna marcia e cercando di fare la massima attenzione salgo, salgo, seguendo i chiodi (di varie fogge e nature) fino ad arrivare sotto un grottone dove trovo la robustissima sosta.


Per adesso le sensazioni non sono esattamente positive. Invece il clima, che sembrava essere autunnale si rivela decisamente più estivo e mi ritrovo ad aver caldo. Ringrazio una leggerissima brezza che mi rinfranca mentre recupero Matteo che sale (stavolta con uno zaino meno ingombrante).
Il tiro successivo richiede, per il mio livello tecnico, di farsi un bel po' di artificiale. Poco male, mi dico, in fondo ci sono i fix e sembrano anche ravvicinati.
Il secondo tiro
Mi preparo un paio di fettucce, una più lunga e una più corta, la daisy e parto.
I primi semplici metri conducono ad una catena proprio dentro l'antro, comoda, probabilmente per far sicura a chi volesse fare tentativi in libera.
Inizio quindi la menata dell'artificiale: rinvio, corda, fettuccia, piede, tirarsi su, rinvio, eccetera.
Non è un'arrampicata a cui sono abituato, ma dopo poco prendo il ritmo e continuo così fino ad arrivare alla fine dei fix. Il passaggio per raggiungere il diedro strapiombante non mi sembra banale e decido di saggiare la tenuta dei chiodi. Mi ci appendo bellamente e faccio una altro po' di artificiale.



Il diedro finale del secondo tiro
Esco poi dalle difficoltà e con arrampicata in libera raggiungo la scomoda sosta, sempre ottima e robustissima.
Non che mi abbia appassionato l'artificiale, devo però dire che ha un certo fascino, un suo ritmo ripetitivo in cui è facile perdersi. Certo, rispetto al vero artificiale moderno, questo, su chiodi già piazzati e prima su fix, immagino che sia decissamente poco, ma posso dire che fidarsi di un bel chiodo messo là nel 1989 (data di apertura della via) è un'esperienza.
Non mi trattengo molto in sosta.
Attacco il netto traverso per andare a prendere un diedro nascosto da uno spigolo ben riconoscibile.
I passaggi sono su roccia pessima: mi capita di dover rimettere a posto un sasso grosso come un pompelmo. E nonostante tutte le precauzioni un sasso mi parte da sotto la mano. Strillo immediatamente. Sotto ci sono persone impegnate sulla via e altre che stanno scalando i monotiri alla base della falesia.
Per fortuna non ci sono conseguenze.
Arrivo al bel diedro che con qualche passetto più duro si fa scalare. Poi esco su terreno più facile e, ovviamente, infido.
Cerco di tenere la direzione, incrocio diversi chiodi, parecchia roba marcia, qualche alberello e qualche cespuglio, finchè, poso sotto un grosso albero alla base della successiva parete verticale, trovo la bella sosta su cui mi alloggio.

Il bel diedro del terzo tiro



Ne ho abbastanza. Per onestà intellettuale la placca sopra di me mi intimorisce un po', la roccia marcia mi ha stancato, le protezioni vetuste mi creano un po' d'ansia (reggerebbero un volo?).
Da relazione il quarto tiro presenta passaggi di VI: probabilmente roba che in falesia farei per riscaldamento e forse neanche. Qui però, come è giusto che sia subentrano altre considerazioni, altre sensazioni, altre valutazioni.

Matteo arriva alla S3

Anche Matteo ne ha abbastanza della roccia che abbiamo trovato. Dietro di noi sopraggiungono altre cordate, molto più veloci di noi.
Ci si cala.
Le doppie filano via facili facili, nessun incastro, nessun sasso smosso, nessun problema per raggiungere le soste sottostanti: un gran lusso.

La bella calata nel vuoto dalla S2 alla S1
Alcune cordate impegnate sulla placca finale di Balza della Penna


Quando sono giù comincia a salire la "rosicata", ma tutto le giustificazioni, le scuse, le motivazioni non servono, ovviamente a nulla. In ogni caso la via non mi è piaciuta (ma forse anche questa è una bella scusa) e non ci rimugino più di tanto sopra.
Una rinuncia ogni tanto ci sta. Comunque i nostri 140m di roccia ce li siamo fatti oggi.
Magari sarà per la prossima volta. Magari no.

Accesso

Dalla E45 conviene uscire a Città di Castello e proseguire in direzione Apecchio lungo la strada statale Apecchiese, si supera Piobbico e dopo poco, nei pressi di una cava, dopo un ponte, si parcheggia sulla destra. L'imbocco del sentiero è ben visibile guardando Balza della Penna, sulla sinistra, sul lato opposto della carreggiata.

Materiale

Caschetto, imbrago, scarpette, mezze corde (in caso di necessità di ritirata), 14 rinvii, discensore/assicuratore, qualche fettuccia per allungare le protezioni ed eventualmente per l'artificiale del secondo tiro, friend medi per integrare (in particolare l'ultimo tiro)

Relazione

L1 - V, passi di VI - 50m
Si attacca la paretina in verticale in corrispondenza di una lama staccata su roccia poco buona, poi, dopo un alberello, in verticale fino ad una pancetta che si supera con passo più difficile. Si prosegue in verticale su roccia meno buona (vari chiodi, sosta 2 fix attrezzata)

L2 - III, A0, poi VII- o A1 - 40m
Si sale per facili roccette, valutando se passare tutte le protezioni per evitare fastidiosi attriti. In corrispondenza della grande grotta si trova una sosta attrezzata su fix. Da lì si attacca seguendo la fila degli spit (presenti anche chiodi a pressione originali). Si arriva ad un terrazzino di riposo da cui si può salire il libera il successivo diedro strapiombante o proseguire in A1. Passaggi più facili conducono in sosta (vari spit, chiodi, sosta 3 fix attrezzata)

L3 - IV+, passi di V+ - 55m
Si traversa decisamente a destra facendo estrema attenzione alla pessima qualità della roccia. Si aggira uno spigolo e si attacca un evidente diedro ben protetto (possibilità di integrare) che con qualche passo più difficile conduice fuori dalle difficoltà. Si prosegue su terreno facile e roccia non buona puntando ad un albero alla base della successiva placconata. sotto e alla sinistra di questo si trova la sosta (vari chiodi, sosta 2 fix attrezzata)
(da qui noi ci siamo calati. Il resto della relazione è come descritta dal CAI di Rimini)

L4 - V+, passi di VI - 45m
Salire la bellissima parete sovrastante seguendo un sistema di fessure e chiodi fin sotto uno strapiombo, superarlo e, all'altezza di uno spit, salire con stupenda arrampicata in obliquo a sinistra, seguendo una linea molto logica che conduce in alto a sinistra, sul filo dello spigolo, dove si trova la sosta (prima del traverso in obliquo a sinistra si incrocia una catena, variante di 6a+ della stessa via) (vari chiodi, sosta 1ch. 1 fix attrezzata)

L5 - IV, passo di V - 45m
Seguire lo spigolo, all'inizio appoggiato, per una ventina di metri, sotto un'incombente parete gialla raggiungere un terrazzino con alberello dove si trova una sosta con catena ed anello di calata. Consigliabile proseguire per il sovrastante bel diedro fessurato, all'inizio strapiombante, di roccia gialla solo apparentemente poco buona, e raggiungere la cresta sommitale della Balza della Penna dove si trova un'altra sosta (vari chiodi, sosta 2 fix attrezzata)

Discesa

Si percorre la cresta verso sinistra rispetto alla direzione di scalata dell'ultimo tiro fino ad una sella erbosa. Da lì si percorre il sentiero segnalato da ometti ponendo attenzione alle deviazioni, fino a giungere ad un bivio in corrispondenza del sentiero percorso all'andata.

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