Ho letto Into thin air (Aria sottile nelle edizioni italiane). Ho visto il film Everest, il recente blockbuster poco riuscito. Non potevo non leggere illibro di Anatolij Bukreev, testimone oculare, protagonista, eroe e martire mediatico di quegli infausti e tragici avvenimenti.
E' possibile però conoscere, per quanto superficialmente e con quasi vent'anni di ritardo, uno dei massimi himalaysti dell'epoca.
Il libro ripercorre, con lo stile di un'inchiesta, tutta la spedizione all'Everest di Mountain Madness, la società di Scott Fisher cui Bukreev prestava il proprio servizio come guida. E, d'altronde, non poteva essere altrimenti. Dopo l'articolo dello stesso Krakauer su Outside e il libro, il kazako non poteva far altro che affidare i suoi diari e le sue testimonianze nella speranze di lavare un'onta ingiusta.
Il racconto, scritto dal co-autore, è inframezzato dalla voce di Bukreev e arricchito, soprattuto nella parte in cui si racconta della terribile e tragica discesa, dalle trascrizioni delle registrazioni delle testimonianze rese dagli stessi alpinisti al campo base.
La narrazione è interessante, anche coinvolgente, forse un po' fredda nelle parole di Bukreev, ma sicuramente intensa. Particolarmente singolare la leggerezza con cui la guida kazaka racconta la discesa dall'Everest (fatta senza uso d'ossigeno) e l'infernale nottata passata fuori e dentro la tenda mentre infuriava una bufera per cercare e salvare quante più persone possibile: altri autori avrebbero usato note drammatiche e prosa mistica. Bukreev dice semplicemente che, alla fine, era troppo sfinito per continuare.
Un libro che va letto, se non altro per conoscere un po' una leggenda dell'alpinismo himalayano, un grande uomo silenzioso e, forse, poco conosciuto.
Il racconto, scritto dal co-autore, è inframezzato dalla voce di Bukreev e arricchito, soprattuto nella parte in cui si racconta della terribile e tragica discesa, dalle trascrizioni delle registrazioni delle testimonianze rese dagli stessi alpinisti al campo base.
La narrazione è interessante, anche coinvolgente, forse un po' fredda nelle parole di Bukreev, ma sicuramente intensa. Particolarmente singolare la leggerezza con cui la guida kazaka racconta la discesa dall'Everest (fatta senza uso d'ossigeno) e l'infernale nottata passata fuori e dentro la tenda mentre infuriava una bufera per cercare e salvare quante più persone possibile: altri autori avrebbero usato note drammatiche e prosa mistica. Bukreev dice semplicemente che, alla fine, era troppo sfinito per continuare.
Un libro che va letto, se non altro per conoscere un po' una leggenda dell'alpinismo himalayano, un grande uomo silenzioso e, forse, poco conosciuto.
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