venerdì 4 dicembre 2015

Monte San Franco - 850m - MS

Rapito da un momento di fantozziana memoria, al valico delle Capannelle, il mio pensiero è andato alla scena in cui il disgraziato ragioniere va a Courmayeur e, semi congelato sulla spider di Calboni, urla: "Saranno trenta, trentacinque anni che non vedo un paio di sci!".
Ecco.

La gita è stata breve, faticosa, piacevole, drammatica, spossante.
Siamo partiti con molta calma e incerti su dove andare, date le condizioni non ottimali della neve, la quantità e la qualità. Io, da perfetto verginello della materia, mi sono disattivato completamente, sperando di riportare, a fine giornata, tutti pezzi.
Ci dirigiamo alla fine verso i Prati di Tivo, e dopo qualche tentennamento ci fermiamo poco dopo il passo vero e proprio, dopo aver superato il bivio che porta ad Assergi, nei pressi di un ponte.
Scendiamo e ci addobbiamo con tutti gli ammennicoli del caso.
Di sottecchi copio il modo di montare le pelli, mi impiccio un po' nell'agganciare lo scarpone all'attacco, ma in pochi minuti riesco ad essere pronto e parto, mentre gli altri si sono già avviati.



Saliamo in direzione della cresta che seguiremo fedelmente fino in cima. La progressione con gli sci è tutta diversa e le gambe, non proprio disabituate alla fatica, protestano e protesteranno fino al ritorno alla macchina.
La neve è umida, pesante (me ne accorgerò in discesa), ma con gli sci ci si galleggia benissimo sopra e si procede che è una meraviglia.
La giornata è stupenda, il panorama è meraviglioso: sto andando su una montagna che altrimenti non mi sarei mai sognato di salire visto la totale assenza di interesse alpinistico.


Qua e là emergono un po' di sassi, da evitare accuratamente. I miei compagni mi danno una vita. Si vede che sono molto più allenati di me!
Cerco di godermi al massimo l'escursione e devo dire che ci riesco pure. Dopo un po' mi allegerisco, si suda parecchio, ma si procede anche piuttosto velocemente. Qualche zig-zag, sempre lungo la cresta e ben presto siamo in vista, anche se lontana, della fine della salita.


Arriviamo su in un paio d'ore. Adesso comincia la parte veramente dura: bisogna scendere...
Ripongo le pelli, stringo bene gli scarponi, mi faccio un segno della croce, mi copro, bevo un sorso di tè, mi faccio un segno della croce, osservo gli altri che cominciano ad andare giù, mi faccio un segno di croce e parto.
Dico solo che i primi pensieri sono stati: "Speriamo che non mi parta il ginocchio", "Non mi ricordo bene come si frena", e in particolare:
"Nessuna traccia e notizia di Fantozzi. Poi cominciò ad arrivare roba in quest'ordine: dopo un'ora e venti uno sci con scarpone incorporato, dopo un'ora e settanta esatte racchetta e barilotto di cordiale tipo cane san bernardo. Poi una ciocca di capelli, due molari e l'indice della mano sinistra. E finalmente, in un silenzio orrendo, a notte fonda, Fantozzi a pelle di leone"

Alla fine, mentre loro scendevano per un canale un po' troppo ripido per il mio ancestrale spazzaneve, sono tornato all'auto sano e salvo, percorrendo il percorso fatto all'andata, riuscendo anche ad infilare tre curve consecutive, cadendo una sola volta (alla primissima curva), e schivando anche un paio di sassi.
Una giornatona!
In ogni caso mi sa che sta nascendo un nuovo amore...

Il percorso fatto all'andata e al ritorno
   

  

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