giovedì 31 dicembre 2015

Fosso della Pacina - Via dell'antro del Monte Spaccato (parte bassa) - 190m - 3+

Qualche volta le cose migliori succedono per caso. Eravamo partiti da Terni per andare a cercar ghiaccio alla Laga con speranza e parecchi dubbi: sulle temperature, sulla qualità del ghiaccio, sulla lunghezza dell'avvicinamento. Le cascate basse erano impossibili da trovare in condizione, quelle a quote più elevate potevano riservare qualche sorpresa, e così, con nessuna certezza, puntiamo alla cascata della Pacina.


La via dell'antro del Monte Spaccato altro non è altro che la salita integrale della via dell'Entrata e dell'Uscita (aperta da Manilio e Ignazio Prignano nel 1982) scalata da Claudio Arbore nel 1994 (slegato). I salti che abbiamo scalato costituiscono la parte bassa della salita e che conducono poi alla spaccatura della quota 2283 m denominata, appunto, monte Spaccato. Tutto questo lo ricostruiremo solo a fine giornata.


La cascata della Pacina
Quando arriviamo allo stazzo il salto principale della Pacina si presenta aperto in mezzo. Sarebbe una delusione, se non fosse che, da lontano e con gioia, ammiriamo un bellissimo salto ghiacciato sulla sinistra del fosso. Pensando che fosse la cascata del Pelone ci tuffiamo giù e raggiungiamo la serie di salti ghiacciati che rivedremo solo all'ultimo.
Sono eccitato e contento anche se a vedere bene le difficoltà non mi paiono quelle basse e da principiante dei salti delle cascate del Pelone. Anche la descrizione non combacia molto, ma lascio da parte le titubanze e, confortati dalla presenza di tracce di qualche altra cordata passata nei giorni precedenti, ci bardiamo di tutto punto e mi preparo per cominciare la salita.




Il primo salto non è collegato a terra, ma è abbastanza semplice. Salgo tranquillo, proteggo più per dare la direzione che per questioni di sicurezza. Il ghiaccio è un po' spaccoso ma poi trovo il ritmo e rapidamente supero i primi due salti collegati da una breve cengia.
Esco così su un ripiano inclinato nevoso e cosparso di detriti caduti dalla pareti di arenaria che ci circondano.


Vedo il muro verticale che ci aveva colpito dallo stazzo. Continuo a salire lungo scivoli ghiacciati fin sotto la cascatina. Sulla destra vedo un abalakov attrezzato da qualcuno in precedenza; io andrò a far sosta su rocce. Riesco a sfruttare uno sperone e una specie di clessidra.

Recupero Matteo che sale velocemente e recupera tutto il materiale. Senza perdere troppo tempo mi riprendo il materiale e mi preparo a ripartire. Salgo. Il ghiaccio è buono, molto buono. La verticalità si fa sensibile. Direi che non sono proprio i settanta gradi della cascata del Pelone, anzi, si sale costante per quindici metri su 85°, fino ai 90° del bombè d'uscita.


Svalico e mi trovo di fronte un lungo canale che muore sotto unsalto stretto e incassato fra le rocce. Qui ho qualche difficoltà a trovare qualcosa per far sosta. Ovviamente non ho niente che possa aiutare, tipo nut o chiodi: eravamo venuti per far ghiaccio e, mia colpa, non ho pensato alla possibilità di fare tiri o dover attrezzare soste su roccia. Riesco a trovare comunque una placca ghiacciata e organizzo un'ottima sosta su tre viti.


Matteo se ne sale con calma e sicurezza. Siamo lontani e non riusciamo a comunicare bene, ma ci scambiamo le parole minime che ci servono.

Matteo esce dalle difficoltà del secondo tiro
L'attacco del terzo tiro
Attacco la facile goulottina sfruttando anche la roccia a destra e sinistra, soprattutto per scavalcare la parte scoperta dal ghiaccio. Poco dopo le difficoltà si "coricano" decisamente e salgo con grande velocità. A questo punto credevo di trovare una situazione adatta ad attrezzare una calata che poi ci depositasse alla S1. Così non è stato, ma con grande gioia, dopo un altro canale nevoso trovo un secondo muro ghiacciato che aspetta solo di essere salito.





Attrezzo un'altra sosta su viti e ripeto tutte le manovre per recuperare Matteo. Anche in questo caso il socio cammina su veloce e non si fa aspettare.
Attacco anche questa cascatina con gusto. Mi godo tantissimo la scalata. Salgo rapido e in breve esco su un canalone che più in alto piega a sinistra.
Questa volta ho qualche problema a trovare ghiaccio o rocce adatte ad attrezzare una sosta. Non ho più neanche tanta corda da sfruttare per salire ancora. Trovo due sassoni che in apparenza paiono staccati dalla roccia su cui poggiano. Poi li saggio, li tiro, li strattono, ci avvolgo intorno due fettucce e provo a caricarli ancora: tengono.
Attrezzo la sosta e recupero Matteo.


Purtroppo non riusciamo a sentirci per niente. Così io recupero e recupero e recupero, mentre lui prova a farsi sentire senza successo. Dopo un po' di tempo, un po' troppo in realtà, Matteo esce sul canalone e mi dice che una delle viti è rimasta alla fine dell'ultimo muro.
Io avevo protetto in uscita e poi traversato verso destra per cercare ghiaccio migliore. Matteo però, troppo tirato dalla corda, non è riuscito a liberare la vite.
A questo punto ci chiediamo cosa fare.
Abbiamo capito che non siamo sulla cascata del Pelone e non sappiamo cosa ci aspetta più su. Le tracce che abbiamo di fronte proseguono, infilandosi in un canale che non sappiamo assolutamente dove vada.
Non abbiamo niente che ci permetta di affrontare difficoltà su roccia e anche attrezzare le soste potrebbe diventare un problema.
Così, un po' per opportunità, un po' per necessità cominciamo la trafila delle doppie di cui tre su abalakov.




Scesi giù, con grande calma e soddisfazione, ci rifocilliamo, sistemiamo il materiale, rifacciamo su le corde ormai zuppe (e fortuna che non è troppo freddo) e in in 1h40' ci ritroviamo alla macchina, pronti a tornare a casa.
Peccato non aver saputo che questa via era percorribile integralmente, perchè sarebbe stata una salita di grande soddisfazione, ma abbiamo sfruttato quello che abbiamo trovato e ci siamo goduti una montagna isolata e selvaggia, in un silenzio magico, veramente un angolo appartato d'Appennino.




Avvicinamento: da Amatrice si prosegue verso Campotosto. Giunti al cartello stradale si svolta a sinistra seguendo le indicazioni per Capricchia. Dopo alcune svolte si arriva finalmente al paesino. Prestando la dovuta attenzione si individua una stradina sulla destra con l'indicazione del Sacro Cuore e del Monte Gorzano. Si imbocca la strada (se possibile, chiusa con molto innevamento) e la si percorre fino ad un evidente slargo su fondo asfaltato ma decisamente sconnesso. In ogni caso, si giunge in prossimità della chiesetta e da lì si segue il largo sentiero che si infila subito nel bel bosco. Dopo poco si individua un bivio sulla destra ben segnalato e lo si segue fino ad un altro bivio con in discreta evidenza due segnali (coperti se con molto innevamento, prestare attenzione): sulla sinistra si prosegue per la Trecene Bassa, mentre sulla destra, inerpicandosi in una specie di valletta inclinata si va verso il monte Gorzano. Si prende quest'ultima e si seguono lungamente i bolli bianchi e rossi, fino ad un altro bivio molto ben segnalato: si lascia il sentiero che sale al monte Gorzano sulla destra e si prosegue dritti.
Si attraversano due fossi e si segue il sentiero, ben segnato, verso lo stazzo della Pacina. Si giunge così ad una panoramica sella da cui è possibile avere visione del monte Spaccato e dei salti della Pacina. Si scende proseguende lungo il sentiero. Si segue poi l'evidente fosso laterale rispetto a quello della Pacina con via intuitiva ed evidente fin sotto il primo dei salti ghiacciati.
 


Materiale nda, 8-10 viti da ghiaccio medie (16-19, qualcuna corta), eventualmente cordini da abbandono, qualche nut o chiodo per attrezzare le eventuali soste su roccia
Disl. via: 190m
Durata: 2h30'
Avvicinamento e rientro: 1h30' dal Sacro Cuore, 2h da Capricchia
RELAZIONE
L1 - 50m - 2+
Si sale il primo salto ghiacciato alto circa 10m che poi si corica per poi affrontarne un secondo di circa 8m fino ad uscire sullo scivolo nevoso, proseguendo fin sotto il muro principale, dove si può sostare sulla sinistra su ghiaccio o su rocce sotto alla cascatina.

L2 - 35m - 3+
Si attacca la cascatina di 15-20m al centro che subito diventa verticale (85°) fino a giungere, in prossimità dell'uscita, ad un leggero bombè (90°) che si può scalare direttamente per poi uscire su un canaletto nevoso che porta sotto una goulottina incassata. Si può fare sosta sulla destra su placca ghiacciata.

L3 - 55m - 2
Si sale la goulottina sfruttando anche le rocce ai lati fino ad uscire su più facili scivoli ghiacciati. Si giunge in vista di un altro fronta il muro più verticale. Si fa sosta alla base del salto.
L4 - 50m - 3-
Si affronta il muro di circa 15m a 75°-80° fino a uscire su un ampio canale nevoso che si segue fino a delle rocce affioranti sulla destra su cui è possibile attrezzare una sosta.

DISCESA
In doppia lungo la via di salita su speroni e abalakov.



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