lunedì 7 gennaio 2013

Recensione - Cometa sull'Annapurna

Come per Moro è stato il primo libro scritto, per me è stato il suo primo libro letto. Sicuramente ne acquisterò un altro perchè è un alpinista che mi colpisce e di cui ho seguito volentieri il tentativo al Nanga (e mi piacerebbe pure vedere Cold il film dell'invernale al Gasherbrum II).

E' un alpinista e nel tessuto narrativo se ne sente tutto il carattere. Il libro non è male e racconta anche un episodio tragico, in cui ha quasi perso la vita e ha visto morire un grande amico e un altro compagno (Anatoli Boukreev e Dimitri Sobolev ndr), ma del quale, come spesso accade con gli autori alpinisti, non traspare il dramma umano, il dolore e la sofferenza provate. Non traspare neppure il sollievo di essere vivo, di essersela cavate, o, se c'è stato, il senso di colpa per aver salvato la pelle.
Non sto dicendo che non sia un discreto racconto. 
Moro ci porta con sè alla ricerca, un po' frammentaria a dir la verità, delle ragioni profonde che lo hanno condotto sull'Himalaya in invernale, ci sventola rapidamente in faccia il legame che si era formato tra lui ed il gigante kazako (ma senza entrare realmente nel merito), ci racconta le imprese che lo hanno formato fino a quella tragica spedizione del '97.
Si legge bene, scorre, forse anche troppo.
In fondo manca realmente il sentimento umano, lo dobbiamo immaginare, è necessario mettere del proprio per immedesimarsi, intuire, senza che dalla penna dell'autore esca ciò che lui ha vissuto, provato e sofferto o gioito.
Non c'è empatia profonda col lettore.
Probabilmente è chiedere troppo, probabilmente è chiedere qualcosa che non voleva condividere fino in fondo oppure di cui non era capace.
Rimane, dopo l'ultima pagina, uno spezzone di biografia di un grande dell'alpinismo mondiale.   

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