E' un po' che non pubblico niente. In effetti mi manca il tempo, ho difficoltà ad organizzarmi per poter preparare il materiale, editarlo e poi pubblicarlo sul blog. Ma, come succede quasi sempre nelle vicende umane, la mancanza di tempo è solo una scusa, sintomo di qualcos'altro.
Tipo quando in falesia mi dico "sono stanco", "mi fa male la mano", "non sono in gran forma, "ho mangiato troppo".
Solitamente sono scuse.
In quest'ultimo periodo sono decisamente precoccupato per altre questioni e così non riesco a concentrarmi, non riesco a staccare.
Mi preoccupa il lavoro. Che, per fortuna mia, c'è. Il problema è che pochi, quasi nessuno, paga. E quindi si lavora per la gloria, eppure le bollette, il mutuo, il panettiere vanno pagati. Cash e sull'unghia.
Si, sono preoccupato.
E per paura di perdere qualche tassello, di non riuscire a seguire tutto, di non stare in guardia, non mollo e la tensione si accumula. E anche se ho voglia di andare ad arrampicare, di scrivere sul blog, di allenarmi, di andare a fare qualche passeggiata, me ne sto rintanato in ufficio o in casa, in attesa che passi la bufera.
Oh, so perfettamente che non è l'atteggiamento giusto.
Eppure non riesco a staccarmi dalla sedia, ad uscire, mettere scarpette o scarponi, zaino o imbrago e fare altro.
A tanti altri succederà il contrario: si buttano a capofitto in qualcos'altro, nella propria passione, per evitare di deprimersi o pensar troppo. A me capita di estraniarmi, fermarmi e rimanere bloccato.
Un po' è anche colpa del tempo (ovviamente, adesso che finalmente piove mi lamento che il tempo è pessimo: finchè è stato asciutto mi lamentavo che era troppo caldo).
Quindi che fare?
L'unico pensiero che mi viene in mente, usato e abusato, cucinato in un milione di salse, ma sempre di moda, è quello di dedicarmi ad altro. Di cambiare lavoro, città, dedicarmi a qualcosa di più umano, che non sia solo la carriera e la professione. Un lavoro che mi dia qualcosa di diverso.
In fondo il lavoro che faccio mi piace, ma i ritmi, le richieste, le responsabilità (oh, santo cielo quante), le difficoltà di essere pagato il giusto, le scadenze, le pressioni, lo rendono a tratti insopportabile, un angusto spazio nel quale cercare la posizione meno scomoda per riposare e respirare.
E allora?
Allora non sono dell'umore adatto per dedicarmi alla montagna, per cui spero che il momento no passi presto che non ne posso più di starmene seduto davanti al computer.
Eppure non riesco a staccarmi dalla sedia, ad uscire, mettere scarpette o scarponi, zaino o imbrago e fare altro.
A tanti altri succederà il contrario: si buttano a capofitto in qualcos'altro, nella propria passione, per evitare di deprimersi o pensar troppo. A me capita di estraniarmi, fermarmi e rimanere bloccato.
Un po' è anche colpa del tempo (ovviamente, adesso che finalmente piove mi lamento che il tempo è pessimo: finchè è stato asciutto mi lamentavo che era troppo caldo).
Quindi che fare?
L'unico pensiero che mi viene in mente, usato e abusato, cucinato in un milione di salse, ma sempre di moda, è quello di dedicarmi ad altro. Di cambiare lavoro, città, dedicarmi a qualcosa di più umano, che non sia solo la carriera e la professione. Un lavoro che mi dia qualcosa di diverso.
In fondo il lavoro che faccio mi piace, ma i ritmi, le richieste, le responsabilità (oh, santo cielo quante), le difficoltà di essere pagato il giusto, le scadenze, le pressioni, lo rendono a tratti insopportabile, un angusto spazio nel quale cercare la posizione meno scomoda per riposare e respirare.
E allora?
Allora non sono dell'umore adatto per dedicarmi alla montagna, per cui spero che il momento no passi presto che non ne posso più di starmene seduto davanti al computer.
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