martedì 16 ottobre 2012

Recensione - La morte sospesa

Quale sia il motivo che conduce un editore a tradurre Touching the void con La morte sospesa mi è compltamente ignoto e quasi certamente mi sta bene continuare a godere di questa ignoranza.
Personalmente il titolo originale stuzzica molto di più alcune adrenaliniche (per il sottoscritto) esperienze alpinistiche che ho avuto la fortuna di vivere, ma devo dire che, pur non apprezzando la traduzione, questa evoca il senso di differimento del destino cui il protagonista stava andando incontro.

La storia di Joe Simpson è conosciuta sia in ambito alpinistico che fuori da esso. Sicuramente un esempio di eccezionale volontà di sopravvivenza, condita da una dose così sfacciata di fortuna da far quasi rabbia per tutti quelli che invece muoiono per sfortuna nera.
Onore al merito alla capacità di tenere il lettore incollato al libro: Simpson si contraddistingue per una notevole capacità narrativa aiutata anche da un saggio utilizzo delle anticipazioni.
Anzi, conoscere prima la vicenda valorizza il racconto e ne esalta il sapore estremo e tragico.
Anche la consapevolezza che l'autore-protagonista è sopravvissuto non è un fattore negativo, ma la spinta a scoprire, pagina dopo pagina, come abbia fatto a cavarsela in una situazione in cui, credo, qualsiasi altro essere umano avrebbe gettato la spugna.
Simpson riesce a far sentire il freddo, la disperazione, la sete provate in quella lunghissima disavventura che poteva avere solo un finale tragico, ma che, infine, si trasforma in uno stupendo quadro sull'amicizia umana.
Per quanto mi riguarda ciò che mi colpisce e mi ha fatto apprezzare enormemente il libro è proprio il legame eccezionale che lega Simpson a Yates, il compagno che ha tagliato la corda, che lo ha abbandonato per non rischiare anch'egli una tragica fine.
Forse il vero protagonista è proprio Yates, che incarna il dubbio e la fragilità umana, il senso di impotenza, il limite di un essere che, dopo aver rischiato la vita per portare in salvo il compagno, fugge e lo lascia in balia della morte.
Simpson è una specie di superoe. Un uomo che ha sfidato l'impossibile e ha vinto, che ha riportato la pellaccia a casa contando su due fattori: la propria volontà ferrea e una fortuna esagerata.
Yates è quello che ha dovuto sopportare il senso di colpa dell'abbandono, la disperazione di essere stato la sicura causa della morte dell'amico, la rabbia di non aver tentato qualcosa di più (ma cosa?), l'umiliazione di essere additato per anni come colui che ha tagliato la corda.
E allora, quasi quasi, il titolo italiano incarna bene il senso del libro: il giudizio di morte è stato sospeso. Joe Simpson può tornare alla vita dopo l'intervallo passato a sfiorare il confine invisibile della vita, ma anche Yates può ricominciare a vivere, sapendo che l'amico non gli fa una colpa, anzi deve la sua sopravvivenza proprio a lui, che ha atteso più del dovuto al campo base, che lo ha sentito gemere fuori della tenda, che lo ha riportato a casa.

Nessun commento:

Posta un commento