Sarà che il cambiamento di tempo mi porta a desiderare ghiaccio e neve, oppure sarà l'invidia (sempre positiva, però) verso chi questa estate è riuscito a salire qualche quattromila comunque voglio descrivere una simpatica, e facile, salita al Monte Bicco per il canale che incide il versante nord: il canale Maurizi.
Con il mio amico Simone, abbiamo poi scelto di salire per il primo canalino che si incontra sulla destra per sbucare sulla cresta NE e da lì poi in vetta.
Di neve, in quest'inverno 2012, ne abbiamo vista prima poca e poi troppa (c'è chi non è mai contento, eh, eh...). Quel giorno sicuramente non ci è mancato il vento che ci ha accompagnato per tutta la salita.
Il Bicco dalla Val di Bove |
Mi piace dormire ma alzarmi alle 4.00 del mattino per andare in montagna
non mi pesa affatto. Passo a prendere il mio compare a casa alle 5.00
dopo aver fatto benzina e caricato la macchina.
Abbiamo portato viti da ghiaccio, friend, qualche nuts, corda, e tutta l'attrezzatura alpinistica che potrebbe occorrerci in considerazione del fatto che non sono mai stato in invernale da quelle parti e non so assolutamente cosa il canalino che unisce il cananalone Maurizi alla cresta NE del Bicco potrebbe riservarci.
Siamo carichi e il passo che prendiamo lo rivela bene, anche se dopo qualche centinaio di metri costringe il mio compagno ad una revisione della velocità.
Prendiamo infatti il sentiero che dalla sinistra del Felycita, scendendo per il tratto iniziale in mezzo al bosco, entra nella meravigliosa val di Bove. Un posto eccezionale, di una bellezza incredibile che si rivela nella sua magnificenza nella luce del sole che intorno alle 7.30 comincia a far capolino da dietro le creste che uniscono Bove Sud e Nord.
Abbiamo portato viti da ghiaccio, friend, qualche nuts, corda, e tutta l'attrezzatura alpinistica che potrebbe occorrerci in considerazione del fatto che non sono mai stato in invernale da quelle parti e non so assolutamente cosa il canalino che unisce il cananalone Maurizi alla cresta NE del Bicco potrebbe riservarci.
Siamo carichi e il passo che prendiamo lo rivela bene, anche se dopo qualche centinaio di metri costringe il mio compagno ad una revisione della velocità.
Prendiamo infatti il sentiero che dalla sinistra del Felycita, scendendo per il tratto iniziale in mezzo al bosco, entra nella meravigliosa val di Bove. Un posto eccezionale, di una bellezza incredibile che si rivela nella sua magnificenza nella luce del sole che intorno alle 7.30 comincia a far capolino da dietro le creste che uniscono Bove Sud e Nord.
Fantastiche nuvole di neve sollevate dal vento |
Il vento viene a salutarci immediatamente facendoci pregustare tutta la sua violenza già da subito. Nuvole dense di neve si sollevano e turbinano per la valle, spostandoci già a quote relativamente basse.
Facciamo una piccola sosta proteggendoci dietro i ruderi di un capanno di legno e poi proseguiamo: la temperatura al parcheggio era di -1°C, con il vento nella val di Bove doveva già essere abbondantemente più bassa.
Tenendoci in movimento non soffriamo eccessivamente il gelo, ma le raffiche violente ci creano già qualche problema nell'avvicinamento.
Alcuni dubbi cominciano ad insinuarsi, su tutti l'incognita della violenza che troveremo all'uscita in cresta.
Arriviamo sotto lo sperone di roccia della cresta NE, da cui parte la via Maurizi Perucci, e, al riparo di un piccolo camino, ci mettiamo i ramponi e iniziamo la faticosa risalita per pendenze non importanti, credo sui 35°-40°, intorno alle 9,30.
Il vento ci costringe molto spesso ad accucciarci, impedendoci anche di guardare in alto, facendoci piovere addosso chicchi di neve gelata dura e qualche volta anche dolorosa.
Fare qualche passo, accucciarsi, rialzarsi, su neve a tratti dura, a tratti farinosa, risulta lento, poco gratificante e snervante.
In ogni caso raggiungiamo il canalino sulla destra che punta dritto alla cresta. Nella speranza che ci sia un pò di tregua dal vento che non molla neanche un secondo, allungo il passo: volevo avere il tempo di capire le condizioni del canalino che vedevo sguarnito di neve e in cui turbinava comunque un vento feroce.
Sotto un tetto di roccia, di fronte ad una placchetta, mi metto seduto ad aspettare Simone che faticosamente risale quel primo imbutino. Fino a quel momento, nonostante il dislivello salito sia non trascurabile, difficoltà tecniche non ci sono state.
Il comodissimo tettino dove il mio compagno ha suggerito un bel bivacco |
Quando ci ricongiungiamo decidiamo di proseguire comunque in free solo:
fare i tiri avrebbe significato rimanere a lungo fermi, in posizioni
scomode, a gelarsi con conseguente difficoltà di progressione, inoltre
le difficoltà (pendio forse sui 45°-50° ma non saprei dirlo con
sicurezza) non apparivano tali da rendere necessaria una progressione a
tiri.
Il tratto sommitale del canalino, con una stretta lingua di neve ghiacciata, permette di salire velocemente, obbligandoci a fare passi su roccia instabile ai lati, ma senza mai costituire un pericolo oggettivo. L'unica cautela è stata, da parte mia, quella di evitare di smuovere troppo i sassi per non mettere il mio compagno in pericolo per la caduta di qualche sasso.
Arrivato all'uscita sulla cresta mi sollevo lentamente col busto e vengo sbattuto con violenza verso la direzione in cui mi stavo muovendo. Di corsa mi riparo dentro il canale. Ero in una posizione scomodissima, il freddo era intenso e quindi decido di muovermi con una certa velocità.
Sbuco in cresta, che per fortuna è piuttosto ampia, e rimanendo più basso possibile arrampico fino a delle rocce che mi permettono di ripararmi dal vento. A quel punto aspetto il socio.
Dopo un tempo che mi è sembrato lunghissimo ecco che vedo sbucare il caschetto. Gli urlo, sperando che mi senta, di tenersi basso e di fare attenzione a quando esce.
Molto attento compie tutte le operazioni con grande cautela e finalmente siamo entrambi fuori.
Le difficoltà non sono finite. Il tratto finale, che normalmente sarebbe, forse un II, diventa arrampicata delicata per lo squilibrio che crea il vento forte. Molto rapidamente raggiungiamo la vetta, dove ci sediamo reclinati, riuscendo a scambiarci qualche parola e a riprendere fiato, nonostante il vento fischi molto forte.
Il tratto sommitale del canalino, con una stretta lingua di neve ghiacciata, permette di salire velocemente, obbligandoci a fare passi su roccia instabile ai lati, ma senza mai costituire un pericolo oggettivo. L'unica cautela è stata, da parte mia, quella di evitare di smuovere troppo i sassi per non mettere il mio compagno in pericolo per la caduta di qualche sasso.
Arrivato all'uscita sulla cresta mi sollevo lentamente col busto e vengo sbattuto con violenza verso la direzione in cui mi stavo muovendo. Di corsa mi riparo dentro il canale. Ero in una posizione scomodissima, il freddo era intenso e quindi decido di muovermi con una certa velocità.
Sbuco in cresta, che per fortuna è piuttosto ampia, e rimanendo più basso possibile arrampico fino a delle rocce che mi permettono di ripararmi dal vento. A quel punto aspetto il socio.
Dopo un tempo che mi è sembrato lunghissimo ecco che vedo sbucare il caschetto. Gli urlo, sperando che mi senta, di tenersi basso e di fare attenzione a quando esce.
Molto attento compie tutte le operazioni con grande cautela e finalmente siamo entrambi fuori.
Le difficoltà non sono finite. Il tratto finale, che normalmente sarebbe, forse un II, diventa arrampicata delicata per lo squilibrio che crea il vento forte. Molto rapidamente raggiungiamo la vetta, dove ci sediamo reclinati, riuscendo a scambiarci qualche parola e a riprendere fiato, nonostante il vento fischi molto forte.
Le ultime difficoltà le incontriamo dovendo scendere due piccoli risalti di roccia, che normalmente si farebbero con tre passi. Poi, scendiamo sul lato SO proteggendoci dietro una cornice di neve riportata.
Da lì in poi è discesa verso le piste di Frontignano che percorriamo fino alla fine degli impianti per arrivare al Felycita, dove ci aspetta una birra fresca e un panino al ciauscolo.
Nessun commento:
Posta un commento