lunedì 13 luglio 2020

Corno Piccolo - Ma.Ir.El - 260m - V

Non che un po' di sano ingaggio sia da sfuggire, anzi, fa sempre bene all'autostima; l'unico problema dell'ingaggio è che questa volta ero partito per fare una "vietta tranquilla, senza troppi pensieri", quindi non me lo aspettavo proprio.
Anzi...

Quasi all'attacco. Al centro si nota anche un Obell'X:
una delle bestemmie ambientali installate proprio sotto la nord

Partito con Lorenzo, molto bravo in falesia e con pochissima esperienza in montagna, scelgo questa linea che avevo puntato già da tempo per scalarla "in scioltezza e senza troppi pensieri". Una linea che, a vedere il grado e la descrizione, fa pensare a una bella giornata senza patemi.
Beh, il bello della montagna e il brutto delle guide è proprio questo: per saperlo devi andarci. Devo dire onestamente che Cristiano Iurisci, nella sua guida Passi di V, descrive la via sconsigliandola ai neofiti.

Comunque parto sul primo tiro circondato da cordate, una sulla Panza-Muzii-Forti e una sulla vicina Che-Guevara, esattamente alla mia sinistra e alla mia destra. Parto con il conforto della relazione di Cristiano ed esco abbastanza velocemente dal primo tiro di circa 30-40 metri su una sosta abbastanza comoda.


La partenza di L2: in alto la bella fessura da scalare con decisione

Cordata su Che-Guevara 
La roccia non è ineccepibile, ma mi dico che sopra migliora sicuramente, in basso è facile trovare zone rotte e alterate.
Lorenzo sale con lo zaino e mi raggiunge in sosta. Sono baldanzoso e riparto sicuro. La linea è facilmente individuabile, non ci si può sbagliare e la placchetta iniziale è facile e ben proteggibile. 
Giungo così alla base del costolone che dovrò percorrere sulla sinistra, sfruttando la bella e fin troppo generosa fessura che forma con la placca sottostante. L'arrampicata è continua e mi costringe a soffiare un po': seppur tecnicamente facile il grado è sostenuto e le protezioni vanno messe con un po' di malizia vista la qualità della roccia.
Con qualche incastro di piede giungo all'altezza di due bei chiodi dai quali devo evidentemente uscire a destra e il passo è in effetti un po' più tecnico. Mi costringe a qualche tentativo per trovare gli appigli giusti per mani e piedi e così, con qualche tentennamento, esco sull'ultimo tratto facile che mi conduce alla sosta.

S2

Il camino di IV+ di Che-Guevara, che a
vederlo scalare non pare proprio di IV+


 
Lorenzo arriva in sosta un po' provato, sostenendo che non avrebbe saputo fare il tiro da primo o avrebbe trovato parecchia difficoltà. Ci sta, è sostanzialmente un falesista e un tiro che là neanche scalerebbe se non per scaldarsi (o forse neanche quello) in montagna può diventare anche molto impegnativo.
Sono così al cospetto dell'ultimo tiro impegnativo della via. Ancora una volta la descrizione del tiro fatta da Cristiano Iurisci è precisa e puntuale e non lascia spazio a dubbi interpretativi.

Parto su una fessurina un po' erbosa che mi conduce abbastanza facilmente ad una bella placca che mi costringe a sinistra. Qui il passaggio è decisamente esposto e non banale: le protezioni sono due clessidrine con altrettanti cordoncini marci. Il problema è che non posso cambiarli se non tagliandoli, ma la loro tenuta è fuori discussione.
Nel senso che è fuori discussione che possano trattenere un volo.
Mi butto per un momento il cuore alle spalle e con un passo in bellissima esposizione esco a sinistra per andare a guadagnare il fessurone obliquo che mi condurrà all'ultimo passo della via sotto al quale trovo un chiodo vetusto e arruginito.

Mentre impreco nel passaggio: ho attirato l'attenzione della
vicina cordata sulla Panza
(grazie a Claudio intini GA per la foto)

Quando esco mi parte una serie di parolacce proprio perchè non mi aspettavo un ingaggio di quel livello, ma sono contento in fondo.
Il fessurone è invece il solito calcio nelle palle dovendo scalarlo metà corpo dentro e metà fuori, senza possibilità di proteggere data la sua ampiezza e trovando fuori una placca molto compatta e improteggibile.
L'ultimo passaggio, che si protegge bene con un friend (anche perchè non c'è altro), è più da capire che da tirare e una volta intuito come farlo è abbastanza semplice: semplice ma niente affatto scontato.
Esco infine su terreno molto facile e mi vado a costruire la mia bella e comoda sosta.

S3 da inventare un po'


La via prosegue per facili canali fino in cresta

Il socio appena giunto in sosta

Lorenzo ha il suo bel da fare per raggiungermi e io mi godo con enorme beatitudine il sole, gli insetti, il calore e il vento. Per qualche istante mi sento profondamente appagato, felice, potrei dire completo. Una sensazione che può essere compresa solo da chi l'ha provata e di cui non si può spiegare l'origine: cercare di tradurre in parole è impossibile ma è il senso profondo che ha, per me, l'andare a scalare in montagna.
Qualcosa che è più spirituale che fisico e che se non è stato assaggiato non può essere compreso.
Un momento come quello vale da solo la stagione.

Il resto della via prosegue su canali banali e incassati e così decidiamo di uscire su una bella cengia orizzontale alla nostra destra che con un unico tiro di 60m ci deposita sulla terza sosta di Kikos.

Il socio si fa il lungo ma facile traverso fino alle doppie


Via assolutamente da non sottovalutare, sconsigliabile se non in possesso di una discreta esperienza su roccia e anche di un po' di malizia. Di per sé i tre tiri sono interessanti e degni di una ripetizione, mai banali, da scalare con determinazione e da integrare con oculatezza per evitare fastidiosi attriti con le corde.


Accesso

Giunti ai Prati di Tivo si prende la funivia che sale alla Madonnina. Da lì si percorre il sentiero Ventricini sotto la parete Nord, giunti sotto la verticale dell'inconfondibile diedro della Panza-Muzii-Forti si risalgono i pratoni per via intuitiva fino a giungere all'attacco (45 min circa)
Alternativamente si può salire con l'auto fino alla piana del laghetto prendendo la strada che dai Prati prosegue a sinistra. Lasciata l'auto si sale l'Arapietra in direzione dell'albergo diruto e poi verso la stazione di monte. Si prosegue come sopra (45 min circa fino alla Madonnina)

Materiale

nda, utili friend medi e grandi, portare diverse fettucce e cordini per sfruttare le clessidre presenti, un coltello se si vogliono sostituire i cordoni, due mezze corde. 

Relazione

L1 - IV - 40m
Si sale alla sinistra di un evidente pilastrino, che forma una fessura, che borda una placchetta sotto la verticale del diedro della Panza-Muzii-Forti (sosta su 3ch. e cl.)

L2 - V - 50m
Si sale dritti alla sosta avendo come riferimento l'evidente fessurone più in alto leggermente sulla sinistra. Si giunge ad una cengia e si traversa a destra fino alla basse del costolone che si prende a salire faticosamente fino a giungere a due chiodi dai quali si traversa a destra con passo tecnico. Poi si guadagna terreno più facile fino alla sosta (sosta 2ch.)

L3 - V - 40m
Si prende appena a sinistra della sosta una non evidentissima fessura con ciuffi d'erba e un po' zigzagante che si risale senza particolari difficoltà. Giunti al termine, sotto una pancia che chiude la placca, si traversa con grande esposizione verso sinistra trovando due clessidre e poi un chiodo. Da lì si guadagna una grande fessura che va risalita con fatica fino a che non muore sotto uno strapiombo che si supera furbescamente verso sinistra. Si approda su terreno banale fino ad una grande terrazza su cui si può attrezzare una sosta (sosta da attrezzare)

Noi da qui abbiamo deviato a destra su cengia orizzontale per 60m fino ad una sosta di Kikos su spit e chiodo da cui ci siamo calati

L4-L5-L6 - III - 120m
Con tre tiri che seguono canali e diedri si esce per placchette sulla cresta.

Tratteggiato il percorso originale degli ultimi tre tiri


Discesa

Per la Cresta NE si prosegue fino in vetta e si scende per la ferrata Danesi e poi per sentiero che con lungo giro conduce prima al rifugio Franchetti e poi alla stazione di monte della cabinovia. Altrimenti con disarrampicata e una o due doppie brevi si percorre la cresta verso sinistra (faccia a monte) fino a giungere al secondo risalto dove si trovano ancoraggi per le doppie Da lì guardando sulla sinistra (con alle spalle la cresta) ci si dirige verso un canale erboso incassato in una spaccatura. Lo si guadagna scendendo dentro con un passaggio di II. Lo si percorre tutto seguendo la curva che piega verso destra fino ad arrivare in corrispondenza di un forcellino sulla destra che si arrampica facilmente. Lo si scavalca e si continua a scendere per via intuitiva sul lato opposto, tenendo la sinistra. Dopo poco si incrociano tracce di sentiero che portano poi a quello che conduce al Franchetti. Si prosegue fino alla Madonnina.

Alternativamente si può, dopo aver superato la spaccatura e guadagnato il bordo opposto salire un pochino e calarsi in doppia da un ancoraggio che guarda verso sud.

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